Imparare a dire grazie, anche se costa
Imparare a dire grazie, anche se costa
Ringraziare è il gesto più prezioso e caro della nostra vita. Non sempre è facile. Non è ovvio né spontaneo. Per questo, va coltivato ed amato. Soprattutto, reso quotidiano e normale nella vita, di noi adulti e dei nostri bambini. Come facciamo ogni anno, nel mese di novembre, in tutte le chiese e realtà agricole, in occasione della festa di san Martino. È il santo che spezzò il suo mantello, per rivestire un povero infreddolito. E dalla carità, quel giovane militare giunse alla fede in Cristo.
Nella giornata del Ringraziamento si sente il sapore della terra, il gusto del pane caldo, la bellezza delle mele, la fatica del grano, la tenerezza dei frutti di bosco, la gioia del ciliegio in fiore, il latte del mattino, la grazia delle prugne, la genuinità dei nostri formaggi, il sapore brillante dei salamini piccanti. Mille doni. Infinite tenerezze della natura che restituisce il dono di una amore versato con abbondanza nelle colline del nostro Trentino come del Molise o della Calabria. Ogni terra benedice per la tipicità dei suoi doni. Colori vivacissimi, unici, poi intrecciati, per farne un arcobaleno di gioia. Certo, anche con i suoi sacrifici, poiché per pagare un litro di gasolio del trattore occorrono tre litri di latte! E con il ricordo commosso di diversi contadini, rimasti purtroppo sotto i trattori!
È per questo sempre sorprendente. Un anno intero brilla negli occhi del nostri contadini. Ed oggi, dire contadini, è soprattutto dire grazie a chi quella terra la sa custodire. Non solo lavorare, per avere un cibo di qualità, ma soprattutto custodire con premura e passione. Così il contadino è colui che, con tanti sacrifici, rende bello il paesaggio. Lo rende armonioso, curato, amato. Gioia per tutti. Come le colline del Molise, che, dopo il faticoso lavoro dei trattori in aratura, sembrano «pettinate» in attesa della seminagione. Ancora più fascinose nella loro rotondità! E che dire del sapore intenso dell’olio fluente dal frantoio, atteso sul pane caldo, per farne un boccone gustoso? Tutto è grazia. Tutto è dono. Ogni evento ci plasma e ci parla nella vita. Ma il ringraziare è la somma di tutto. Il vertice. Il sapore delle cose che fai! E che sudi, perché lo vedi crescere con te. Come il pane impastato con il lievito madre.
Così l’agricoltura in Italia assume due valori particolari, che la rendono unica: l’azienda di famiglia e l’innesto sapiente degli immigrati. L’agricoltura si fa infatti solidale e sinodale. Fatta insieme, con tutta la casa. Si cresce con un cuore attento ad ogni particolare, in una famiglia contadina. Si sente la gioia della condivisione. Si scopre che la fatica rende. Anche quando la natura è severa. Come la siccità in tante parti d’Italia Oppure, in Val di Non, la gelata e poi la grandine, che hanno acuito la fatica dei contadini. E forse scoraggiato i cuori di molti giovani. Perciò, solo se restiamo uniti, potremo affrontare il futuro. Infatti, l’azienda familiare regge anche la sfida di una natura ostile. Con famiglie educate poi alla cooperazione, sapendo conferire con qualità ed imprenditorialità ai magazzini della frutta, che restano sempre più la salvezza dei campi!
Ma proprio perché è familiare ed aperta, ecco che la fatica dei campi si fa spazio di crescita anche per gli immigrati. A vari livelli, con forme tutte da studiare bene. Senza «invasioni di campo». Ma con cura, ben impostata, sulla linea della legalità, in cui il Trentino si specchia per impegno. Una legalità che si dimostra feconda, perché è rigeneratrice di nuova vita. In quanto è reciproca. Se tu accogli, sari accolto. Ed il tuo campo crescerà di grazia, perché amato anche da chi lavora con te. Perché tutto, nella storia, è reciproco. Mai da soli, ma solo insieme si cresce. Mai senza l’altro. Sempre vicini, solidali e connessi. E non solo sui social!
Le sfide nuove sono ben tratteggiate dall’enciclica Laudato Si, che in quest’occasione rispolveriamo con gioia. Per incoraggiare le buone pratiche, già in atto, come la reciprocità tra Locride e Trentino che perdura con fecondità. Vanno perciò privilegiate quelle forme di produzione di basso impatto, attente alla biodiversità, capaci di donare produzioni autoctone e senza varietà geneticamente modificate, pronte anche a contrastare lo sviluppo di quel mutamento climatico che proprio sull’agricoltura ha alcuni degli impatti più devastanti.
Ecco perché ringraziare è vivere. E vivere bene, nel sigillo di una tavola di famiglia imbandita, fatta spazio di preghiera intensa e solidale, dove l’orazione si fa dignità, gratitudine per tutto il creato e gioia di un pane spezzato insieme!