Libertà femminile tra mistica e politica
Libertà femminile tra mistica e politica
Il neonato strilla inconsolato. Il papà non riesce a farlo smettere. Torna la mamma, se lo carica sulla spalla, e senza bisogno di attaccarlo alla fonte del latte, lo placa, con la voce il calore e le carezze.
Ci sanno fare, le donne, a proteggere e a consolare. Ci sanno fare da sempre. Sono, parlando in generale, più brave degli uomini. Il che non toglie, ovviamente, che si incontrino maschi molto materni e mamme terrificanti. Però il tocco, l’empatia, l’inclinazione alla cura sono specialità femminili.
Ce ne vorrebbe di più in politica, dove viceversa, di solito, fanno carriere le donne che più copiano lo stile dei maschi, che sulle stesse parole e sulle stesse formule fondano le loro proposte. Idee barbute, irsute, ruvide, aggressive, puntute. Virili, in una parola. Di solito, forti con i deboli e deboli con i forti.
Il femminismo, esploso cinquant’anni fa con il Sessantotto, ha avuto i suoi meriti e i suoi torti, come ogni grande movimento collettivo. Oggi non s’usa più e quindi è ancora più interessante ascoltare le poche voci che si occupano di differenza sessuale.
Come quella della filosofa Luisa Muraro che, pur non catalogabile come cattolica, si interessa molto delle donne mistiche, soprattutto di quelle antiche, perché - parlando con qualcosa di oltre e di altro chiamato Dio - hanno volato alto, vere rivoluzionarie, oltre le convenzioni e le convinzioni del potere maschile dominante.
Prima che la filosofia greca indirizzasse l’Occidente sulla strada del primato (teoretico e pratico) dell’uomo sull’altra metà dell’umanità, c’erano civiltà (anche mediterranee) dove lo specifico femminile contava. E la Chiesa, pur apostolicamente maschilista e repressiva della specificità delle donne, secondo Muraro, «ha saputo custodire qualcosa di valido delle civiltà premoderne, qualcosa che la rende tenacemente in disaccordo con il capitalismo trionfante nel mondo intero».
È per questo che, da un punto di vista di sinistra laica, si può arrivare a contestare - per motivi ben diversi da quelli della destra clericale - l’idea della figura indifferenziata del genitore, che cancella la «primaria asimmetria che continua a distinguere il maschio e la femmina» e che Muraro definisce il «continuum» materno, «un passaggio vantaggioso per tutti quelli che vengono al mondo», invece che uteri in affitto ed embrioni in provetta.
Le beghine renane e fiamminghe care a Muraro, e in generale tutte le donne mistiche che cercano Dio «nella lingua materna», si prendono il rischio di leggere il Vangelo senza mediazioni maschili e addirittura il rischio di andare oltre la Scrittura, sospinte e incoraggiate solo dallo spirito della libertà divina. Le Chiese e gli Stati le bastoneranno.
«Ci sarà un’Europa moderna, ci sarà un Rinascimento, ma senza l’eredità delle amiche di Dio: senza libertà femminile. Si è spezzata così la sequenza che, dal cuore del messaggio cristiano, portava alla felicità. Questo concatenamento caratterizzava la teologia in lingua materna delle donne» e di qualche raro uomo, come Meister Eckhart. «Era la rivelazione mistica della felicità che scaturisce dall’esperienza dell’amore».
Una politica della paura, dei vincoli, dei passi obbligati non ci manca. Una politica della felicità e della libertà, quella è latitante, ne abbiamo perse le tracce.