Quant'è ridicolo il potere trionfante
Quant'è ridicolo il potere trionfante
Il 14 luglio, per i francesi, è una religione. Lo Stato celebra la rivoluzione ostentando la forza dell’istituzione. Forza militare prima di tutto, come il 2 giugno da noi, forza in parata come se la sovranità si fondasse sulle armi, la democrazia sugli strumenti della guerra. Ma sul potere proclamato e ostentato qualunque esso sia, incombe il ridicolo. Il dittatore coreano che accarezza i suoi missili è allarmante, certo, ma è anche molto esilarante, è la parodia di se stesso, è il dottor Stranamore.
Così, se due motociclisti si scontrano, peraltro gentilmente, durante le loro manovre alla parata del 14 luglio, e non riescono a rimettere in piedi i loro pesanti mezzi per un bel po’, Macron sorriderà pure, gentiluomo com’è, ma non potrà sottrarsi al comune senso del ridicolo, raddoppiato dall’epico errore dei jet militari nel cielo sopra Parigi: una scia fumogena rossa, anziché blu, e addio alla simmetria del tricolore transalpino. «Un errore tecnico» ammette l’aeronautica, amplificando la ridicolaggine.
La retorica e l’esibizione della forza e del potere sono dunque a forte rischio di parodia, volontaria e involontaria.
Il 15 luglio, durante la premiazione della Francia allo stadio di Mosca, il comune senso del ridicolo ha conosciuto un altro trionfo. L’acquazzone infradiciava equamente tutti, vincitori e sconfitti, presidente francese e presidente croata, ma il rito proseguiva implacabile, con un solo uomo (asciutto) al comando. Ritratto vivente di rigor auctoritatis e di empatia zero, il padrone del Cremlino era l’unico che non si scioglieva sotto il temporale semplicemente perché solo per lui era stato trovato chissà dove - forse un reperto stalinista - un grande ombrello nero che un uomo vestito di nero teneva aperto rispettosamente sul capo del capo.
Solo alcuni interminabili minuti dopo, quando Macron era praticamente poltiglia, arrivavano gli ombrelli per le altre autorità.
E così anche una pioggia torrenziale può provocare una epifania del potere ridicolo: la piaggeria dei paggi, il pavoneggiarsi del potente, l’ombrello divisivo.
C’è sempre, come nella favola, un bambino che, in mezzo alla folla osannante, grida «il re è nudo» consentendo al popolo di ridere, democraticamente, della prosopopea del potere.