Economia spaziale: occasione unica
Economia spaziale: occasione unica
Lo spazio è tra di noi, ce lo abbiamo in tasca ma spesso non ce ne accorgiamo. Quotidianamente controlliamo la strada usando il navigatore Gps, che usa i segnali di una costellazione di ventiquattro satelliti grazie a una tecnica che sfrutta, tra l’altro, la relatività generale di Einstein, per determinare con precisione dove ci troviamo. Fra un paio di anni il sistema di navigazione europeo Galileo sostituirà l’americano Gps migliorando di molto le prestazioni e aprendo la strada ad applicazioni come l’automazione dei veicoli da trasporto. Molti di noi guardano la televisione grazie ad una parabola che punta in una direzione ben precisa nello spazio dove si trova un satellite in orbita geostazionaria che distribuisce a milioni di utenti i segnali televisivi.
Sono chiari esempi di economia spaziale, a livello mondiale si tratta di un fatturato annuo di circa 300 miliardi di euro.
Un fatturato in crescita continua, anche durante gli anni della crisi.
Nell’ultimo decennio, assistiamo però all’avvento di una «new space-economy», con caratteristiche analoghe alla «new economy» basata su una ridotta attività manifatturiera a favore di una esplosione dei servizi derivati dai dati e forniti attraverso la rete. Il numero di satelliti per l’osservazione della terra e la loro capacità di fornire dati di alta qualità è in continuo aumento.
L’Italia, in particolare, possiede una avanzatissima costellazione di quattro satelliti radar, Cosmo Sky Med, con cui siamo in grado di monitorare la stabilità di strutture naturali (frane, bradisismo, spostamenti post sismici) o artificiali (ponti, strade, edifici) con una precisione che può raggiungere un millimetro di spostamento verticale all’anno. La Commissione europea, dal canto suo, ha attuato il programma Copernicus, basato su una serie di satelliti chiamati Sentinelle in grado di fornire dati affidabili sulle caratteristiche geofisiche del nostro pianeta. La sfida è ormai nella gestione dei «big data» satellitari per ricavare le informazioni rilevanti da un punto di vista applicativo ed economico.
Oggigiorno l’avvento di piccoli satelliti dal peso di pochi chili e caratterizzati da basso costo di sviluppo e di lancio sta rivoluzionando il settore. Una startup americana nata nel 2010, Planet Labs, tra il 2013 ed il 2018 ha lanciato 300 microsatelliti ottici, di cui 150 sono operativi, rendendo possibile per la prima volta la registrazione di tutta la superficie della terra una volta al giorno. Proprio per mantenere la competitività dell’industria nazionale, nel 2016 all’Agenzia Spaziale Italiana abbiamo lanciato un programma per l’industrializzazione dei piccoli satelliti di alta tecnologia chiamato Platino, ora in avanzata fase di esecuzione.
Gli esempio di applicazioni sono innumerevoli e vanno dall’osservazione dello sviluppo delle infrastrutture militari cinesi negli atolli del Mar della Cina, allo stato di maturazione dei vigneti del Trentino, alle riserve petrolifere nelle raffinerie europee, al traffico delle navi in tutti i porti del mondo, allo sviluppo degli accampamenti sulle rotte della migrazione dei profughi africani e così via. Nei luoghi più remoti del pianeta nulla sfugge all’occhio vigile di questi occhi spaziali in grado di fornire informazioni che possono avere un grande interesse economico.
Costellazioni molto più complesse, megacostellazioni di migliaia di satelliti, sono in corso di sviluppo da parte di investitori privati allo scopo di realizzare una rete di telecomunicazioni globale in grado di servire l’intero pianeta a costi contenuti. Si tratta di progetti molto ambiziosi il cui modello economico non è ancora consolidato, ma che rappresentano la sfida tecnologica e commerciale a cui guardano le grandi imprese del settore spaziale come Space-X, OneWeb, Airbus, Thales solo per citarne alcune, coinvolgendo tutta la filiera industriale spaziale.
La «nuova economia spaziale» rappresenta l’occasione per il coinvolgimento di nuovi attori provenienti da settori non spaziali: il mondo della finanza e del capitale a rischio, delle assicurazioni, gli ambiti dell’industria 4.0 e della meccatronica, fino a settori tradizionali dell’economia come l’agri-food, il settore bio-medico. Questo fermento di interessi diversi è palpabile tutte le volte che si partecipa ad eventi internazionali nel settore spaziale.
Per cogliere questa dinamica e stimolarla, il Cipe ed il Mise, in collaborazione con l’Asi, hanno lanciato nel 2016 un piano chiamato «Space Economy», basato sul partenariato pubblico privato nel settore spaziale e strutturato in vari settori, dalla navigazione, alle telecomunicazioni, alle applicazioni dei dati osservazione della terra, programma a cui partecipano molte regioni e che vede la Provincia di Trento in buona posizione.
Il primo bando, relativo ad un satellite per servizi di telecomunicazioni sicure è già uscito, mentre sono in preparazione quello per le applicazioni dei dati di navigazione satellitare e di osservazione della terra. La partnership tra l’ecosistema delle Pmi trentine e la rete di centri di ricerca applicata come Fbk e Fem, il nuovo Polo della Meccatronica e i dipartimenti dell’Università attivi nel settore spaziale, in particolare Fisica ed Ingegneria, possono trovare in questa iniziativa opportunità per una solida crescita economica, tecnologica ed occupazionale collegata allo spazio. Un’occasione da non mancare!