Difendere l'ambiente è un nostro dovere
Difendere l'ambiente è un nostro dovere
L’uomo sta distruggendo la natura. Non è un ritornello. È un grido. Un gemito che sale proprio dalla terra. Le aree interne del nostro Paese non solo si stanno spopolando, ma la Fao, presentando il rapporto sullo Stato della biodiversità mondiale, ha denunciato in queste ore che da noi stanno scomparendo alcune varietà di frutta per l’agricoltura intensiva.
Ma non sempre quantità significa qualità. Anzi, spesso la grande quantità ha la stessa pericolosità della legge del più forte. Come si può ridurre un giardino a deserto? Una casa in prigione. Un’opera d’arte in incubo! L’allarme ecologico continua a rivelarci che la mano dell’uomo non si sta prendendo cura del creato, ma lo sta uccidendo, avvelenando sempre più. Perché già il Papa aveva evidenziato che «La cura degli ecosistemi richiede uno sguardo che vada aldilà dell’immediato, perché quando si cerca solo un profitto economico rapido e facile, a nessuno interessa veramente la loro preservazione. Ma il costo dei danni provocati dall’incuria egoistica è di gran lunga più elevato del beneficio economico che si può ottenere. Nel caso della perdita o del serio danneggiamento di alcune specie, stiamo parlando di valori che eccedono qualunque calcolo. Per questo, possiamo essere testimoni muti di gravissime inequità quando si pretende di ottenere importanti benefici facendo pagare al resto dell’umanità, presente e futura, gli altissimi costi del degrado ambientale».
Sottolineando che «l’ambiente umano e l’ambiente naturale si degradano insieme, e non potremo affrontare adeguatamente il degrado ambientale, se non prestiamo attenzione alle cause che hanno attinenza con il degrado umano e sociale». C’è una correlazione inevitabile tra l’aspetto economico, l’aspetto ambientale e l’aspetto sociale. Questo della perdita di biodiversità, di varietà antiche è un problema collettivo che va a minare la salute dell’uomo quanto quella della terrà. Nemmeno il nostro è più il Paese delle peculiarità agricole. Anche i pastori e allevatori stanno diventando una categoria in estinzione, come i tre pilastri della salute della terra: conservazione, sostenibilità attiva e tutela della diversità biologica. Senza queste regole d’oro il processo è quello della devastazione. Bisogna intervenire puntando e sensibilizzando al tipico, al chilometro zero dei contadini. Sfruttare è già sterminare e penalizzare il potenziamento della produttività locale.
È già intossicare le nostre tavole e le nuove generazioni. La varietà delle specie vegetali e animali è quella che mantiene in vita il mondo. Non l’economia tossica, né il dominio tecnocratico, né lo sfruttamento inconsiderato delle risorse che manipolano le nostre perle naturali per renderle scarti inutili. Il funzionamento degli ecosistemi è sotto assedio.
«I cambiamenti climatici sono un problema globale con gravi implicazioni ambientali, sociali, economiche, distributive e politiche, e costituiscono una delle principali sfide attuali per l’umanità», scrive il Papa nella Laudato sii, e individua la causa di tanti mali nel dire che «ci sono troppi interessi particolari e molto facilmente l’interesse economico arriva a prevalere sul bene comune e a manipolare l’informazione per non vedere colpiti i suoi progetti».
Ma ribadisce anche che «l’ingiustizia non è invincibile». È un obbligo morale collettivo questa costante conversione ecologica, perché non possiamo accettare passivamente che «Ogni anno scompaiono migliaia di specie vegetali e animali che non potremo più conoscere, che i nostri figli non potranno vedere, perse per sempre. La stragrande maggioranza si estingue per ragioni che hanno a che fare con qualche attività umana. Per causa nostra, migliaia di specie non daranno gloria a Dio con la loro esistenza né potranno comunicarci il proprio messaggio». Ritornare alla natura è ritornare all’uomo. Tenendo presente che l’alterazione degli ecosistemi è il derivato dell’adulterazione delle coscienze che non amano ciò che a loro è stato affidato come un dono prezioso.