Alle "serali" la volontà del riscatto
Alle "serali" la volontà del riscatto
Fa uno strano effetto uscire di casa quando è già buio, passare davanti alle insegne accese dei bar e dei cinema, per andare a scuola. E una volta lì, l’atrio, i corridoi e le aule, illuminate dalla luce elettrica e abitate da un esiguo contingente di alunni, danno l’idea di uno spazio conteso alla notte, di un tempo ulteriore della vita scolastica che già al primo sguardo appare dotato di regole e abitudini sue proprie. Ho insegnato ai Corsi Serali tanto tempo fa, ancora da precario.
E ho sempre reputato preziosa quell’esperienza che resta ancora viva e cara nella mia memoria. Avevo in classe due giovani operai che dichiaravano di essersi iscritti per non essere da meno delle loro ragazze studentesse delle magistrali, un postino grande appassionato di storia antica, un imbianchino senegalese che voleva migliorare il proprio italiano. Ricordo con particolare affetto un trentenne con folta barba e un aspetto da militante operaista di quelli di una volta, che dopo la morte del padre si era messo in società col fratello per mandare avanti un allevamento di suini, se non che lui non sopportava di ammazzarli ed era diventato vegetariano. Con un’espressione mite e incerta diceva di non vergognarsi di venire dalla campagna, ma della propria ignoranza, e per questo leggeva moltissimo, si cimentava anche coi filosofi e poi arrivava alla sera con delle frasette in latino che l’avevano bloccato nella lettura.
Mi tornano in mente tutti stasera, mentre raggiungo il mio Istituto per incontrare una classe del Corso Serale, per capire come può essere cambiato da allora. Mi ospita una collega gentile e accogliamo insieme gli studenti per la prevista lezione di storia. Siedono incuriositi e accettano di buon grado di parlare della propria esperienza, più o meno spigliati a seconda del carattere. Ma fin da subito emerge un tratto comune: mentre un tempo gli utenti del Serale erano per lo più studenti lavoratori mai approdati alla Media Superiore, oggi quasi tutti hanno alle spalle un insuccesso nei corsi diurni, e hanno poi condotto per qualche tempo esperienze di lavoro che però non sono risultate soddisfacenti.
Uno spiega di aver capito che senza una formazione teorica e un diploma le prospettive erano troppo ristrette. Un altro riferisce di aver fatto questa scelta perché gli era richiesto di recuperare solo le materie in cui al diurno era risultato insufficiente, e così trova riscontro una delle più importanti novità: a partire dal 2005 chi si iscrive alle Serali ottiene il riconoscimento dei saperi acquisiti nei periodi scolastici già effettuati, come anche di interessi di lavoro e di vita, mediante dei crediti. Agli studenti viene offerto un percorso formativo individualizzato, che prevede tre periodi didattici, 1°-2° anno, 3°-4° anno e classe quinta, flessibili al loro interno, con una didattica modulare riguardo a materie e programmi, per cui superato un modulo o una parte di programma non lo si deve rifare, anche in caso di temporanea interruzione degli studi. Affermano di essersene avvantaggiati anche altri, fra cui un ragazzo nero, originario del Burkina Faso, occhiali e aria molto seria, che si è iscritto qui dopo un parziale insuccesso scolastico al corso diurno.
Un ragazzo ventiquattrenne, il più loquace dei presenti, con piglio deciso racconta di aver lasciato la scuola a diciotto anni perché non ci si trovava bene. Aveva pensato di riprendere, ma per anni non ci è riuscito perché il lavoro di giardiniere aveva orari troppo pesanti, che non glielo permettevano. Finché ha potuto tornare a scuola grazie a un progetto specifico offerto da questo Istituto che si chiama «Apprendistato duale», aperto a ragazzi fra 18 e 29 anni, che comprende la frequenza al Corso Serale e un rapporto con le aziende che consente nel contempo di avviare un’attività professionale.
La collega mi conferma che c’è chi viene qui per ottenere il diploma, utile per un avanzamento di livello nel settore dove già lavora, e che le è di recente capitato il curioso caso di un pensionato settantenne che ha frequentato più volte la classe quinta senza mai decidersi a fare l’Esame di Maturità, solo perché gli piaceva studiare, ma che oggi il Corso Serale rappresenta soprattutto una seconda opportunità scolastica.
I ragazzi presenti annuiscono, e se ne dichiarano soddisfatti. Concordano nel giudicare il corso diurno frequentato da adolescenti come un’esperienza passiva e troppo condizionata, a volte subita come una costrizione, mentre questo rientro è stata per loro una conquista personale, una scelta consapevole e responsabile.
«Qui ho trovato molta più serietà» commenta il ragazzo più loquace. «Le classi sono più ridotte e c’è meno dispersione di tempo, le lezioni sono più intense e concentrate». Poi ricorda che nella prima del diurno erano partiti in 23 e a fine anno ne erano stati bocciati ben 14, che i professori erano stressati dalla fatica di dover mantenere la disciplina, mentre alle Serali si ha il massimo rispetto dell’insegnante, che quindi lavora meglio. La collega sorride e dice che è vero: qui può permettersi un momento di relax o una battuta scherzosa e poi riprendere la lezione, mentre coi ragazzini della classe 1° dove anche insegna sarebbe impossibile.
Un altro alunno sottolinea che qui c’è molto più rispetto anche all’interno della classe, nella condivisione di un sacrificio comune, per cui ci si trova fra compagni anche fuori dall’orario scolastico, in una auletta apposita, per darsi una mano a vicenda nelle materie in cui ciascuno riesce meglio. Ritrovo così anche molti aspetti in cui il Serale somiglia a quello di un tempo, in un rapporto più alla pari fra insegnante e alunni, in una didattica più orientata verso la mentalità di un adulto, e non è difficile rendersi conto di come possa risultare più facile una volta raggiunta una certa età, piuttosto che a sedici anni, misurarsi col concetto di «arido vero» di Leopardi o con la «Coscienza di Zeno» di Svevo.
Un collega che si occupa da anni dei Corsi Serali mi ha confermato che il loro lato più bello è proprio l’alto livello di volontà, convinzione e soddisfazione espresso dagli iscritti, e mi ha riportato una frase tipica che ha sentito ripetere più volte da quelli che avevano terminato tale percorso: «È stata dura ma lo rifarei di corsa». È davvero difficile immaginare una conclusione migliore.