Recuperiamo il senso delle comunità
Recuperiamo il senso delle comunità
Su invito gradito degli organizzatori, ho partecipato alla fase iniziale del Festival Biblico, a Vicenza. È incentrato sulla Polis, così come la vede la Bibbia, nelle sue infinite immagini di città che ci presenta. Tantissimi i contributi che verranno offerti lungo questo mese di maggio, in molteplici sedi, per testimonianza di numerosissimi relatori od eventi.
Per parte mia, aprendo un evento così significativo, ho voluto mettere in evidenza alcuni passaggi, insieme ad altri correlatori appassionati.
Oggi la città , a mio parere, è da considerare con realismo nei suoi molteplici volti, nei suoi processi, nelle sue centralizzazioni e soprattutto nel suo principale elemento strutturale che è la speranza dell’uomo contemporaneo. La città oggi, come ieri, resta un insieme di persone che condividono valori, sfide e cambiamenti, orientati a conquistare e a fondare il bene comune, con energie creative e scelte ispirate ai principi di una società, di un’economia, di una politica umana, solo e sempre umana! Perciò ritengo che l’impegno più urgente è quello di non ridurre la città come un cumulo di rumori, di egoismo, che crea relazioni solo funzionali e frettolose, dove spesso non ci si guarda nemmeno in faccia. Bisogna vincere, superare le insidie e i modelli individualistici, l’indebolimento del “noi”, nello sfaldarsi delle reti di giustizia sociale. La cittadinanza attiva parte da qui. E si sforza a tenere vivi e in armonia i fattori del sentire comune, dell’apertura. Esso è profezia. È l’architettura dei sogni che poi divengono segni. E la storia di Giona, profeta timido e coraggioso insieme, che converte una città cattiva e malvagia, Ninive, per farne una città riconciliata, dimostra che è possibile, anche nelle grandi metropoli.
L’abitare però richiede la gestione lungimirante delle risorse per lo sviluppo e il progresso di tutti. L’abitare per me deve avere tre caratteristiche: va rafforzato dalla condivisione, dalla cooperazione, dalla corresponsabilità. Affinché la ricchezza dei pochi non impoverisca gli altri, in determinismo possessivo, che può rendere la convivenza davvero difficile e frammentata.
L’abitare è Paradigma della consapevolezza di appartenere a una comunità, dove ci si prende cura dell’arte del noi, come vera rivoluzione dei nostri giorni, per progettare insieme un futuro sostenibile, libero dalla corruzione, a servizio della prossimità, fatto di fiducia sociale solida e reciproca. Sono le città che visita san Paolo, cittadino europeo, come Gerusalemme, Atene e Roma. Sono l’icona della Teologia, dell’antropologia e della politica. Cioè, la bellezza di chi sa pregare (la teologia), la forza di chi progetta e pensa, come ad Atene, e la chiarezza amministrativa, come per Roma. Se l’Europa guarderà a questo triplice intreccio, sarà capace di avere futuro vero e solidale.
Il senso di essere comunità, infine, si avverte forte e vero solo quando consideriamo che la città è fatta di volti, di storie, di nomi, di incontri e non di numeri. Dove tutti siamo destinatari e artefici del bene comune. Dove nessuno è dimenticato, oscurato, emarginato. Dove la libertà non fa a meno della verità. Dove non è offuscata la sete di futuro, di pace, di giustizia. Dove la cementificazione non contagia il cuore. Dove il piccolo, come i borghi, sono laboratori di valori, di antichi mestieri, di tradizioni, di culture che si fanno linguaggi identitari di un popolo, di un territorio. La mia proposta è che nasca nelle nostre diocesi una vera pastorale della città, mirata a fondare la cultura dell’incontro, dell’accoglienza, dell’attenzione all’altro. Una pastorale della fraternità, tra le mani di laici testimoni del Vangelo che include. Una pastorale della città che si fa essa stessa punto di riferimento per il nuovo umanesimo, per la difesa degli ultimi, per la società della gratuità, pane spezzato dell’essere per l’altro. Dove la piccola Nazaret vale come la grande Gerusalemme! Perché “Polis” non è altro che relazioni fraterne, libere e forti!