Un voto pesante e necessario
Una volta ogni cinque anni ci si ricorda dell'Europa. Il promemoria è anomalo: il voto. Chiamata alle urne che non emoziona particolarmente, almeno nelle ultime stagioni. Quasi inutile ricordare quanto sia importante l'Europa e quanto condizioni la nostra esistenza: in positivo o in negativo, a seconda dei punti di vista e delle convenienze politiche. Chi la ama, la ama a prescindere. Chi la vuole scardinare, lo vuol fare a prescindere.
Gli osservatori sostengono che non si sia mai parlato così tanto d'Europa. Vero. Ma va anche detto che se n'è parlato soprattutto in senso negativo. E più che un dibattito, quello che ha caratterizzato gli ultimi mesi, è stato uno scontro: fra chiusure (soprattutto di segno sovranista) e aperture (legate a uno sguardo più romantico che operativo). Del resto, il voto è europeo, ma la resa dei conti è tutta nazionale. È così in una Francia devastata dai gilet gialli, con il duello all'ultimo voto fra Macron e Le Pen. È così in Polonia, dove la destra ultracattolica e nazionalista di Jaroslaw Kaczynski strizza l'occhio all'ungherese Viktor Orbán per spiazzare Putin ma soprattutto per non perdere consensi casalinghi.
È così in Germania, dove Angela Merkel - che, al di là delle sue continue smentite, più d'uno già immagina alla guida del Consiglio europeo - deve contare e contarsi: per decidere se passare in anticipo lo scettro ad Annegret Kramp - Karrenbauer, sua erede designata, ma a rischio logoramento (se dovesse stare bloccata sulla rampa di lancio per mesi e mesi). Obiettivo dichiarato: arginare la temuta crescita della destra. È così in Austria, dove lo scandalo e le dimissioni di Heinz-Christian Strache hanno reso meno lucente anche la stella del giovane premier Sebastian Kurz. È così - anche se tutti tendiamo a considerare già chiusa da tempo la partita - nel Regno Unito, dove Nigel Farage è resuscitato per far tremare ancor di più (se possibile) la già dimissionaria Theresa May. Nessuno avrebbe mai pensato di andare al voto europeo, dopo il referendum sulla Brexit. Ma l'assenza di accordi ha "costretto" i sudditi della regina a tornare alle urne. Chi col desiderio di rendere ancora più feroce l'uscita dall'Unione europea, chi col sogno di innestare la (impossibile?) marcia indietro. E pensare che qualcuno immaginava che andasse in scena "solo" il referendum fra Salvini, Di Maio e il resto della politica italiana...
Voto insomma pesante ma a dir poco necessario, quello di oggi. Ragionamento che vale per l'Europa, per le suppletive e per i Comuni.