Il papa, il virus e le indulgenze
Il papa, il virus e le indulgenze
Ci voleva il coronavirus per far emergere in campo cattolico una questione ormai dimenticata: il papa ha rimesso in auge le indulgenze, tema che nel Cinquecento aveva scatenato la Riforma protestante e che infine il Concilio di Trento aveva incanalato, rendendola una pratica più sobria, diventata ai nostri giorni quasi residuale.
La settimana scorsa era stato annunciato che Francesco aveva deciso di concedere speciali indulgenze ai fedeli affetti dal morbo Covid-19, nonché agli operatori sanitari, ai familiari e a tutti coloro che a qualsivoglia titolo, anche con la preghiera, si prendono cura di essi.
Che cosa sono, le indulgenze? Secondo la Chiesa cattolica, sono la remissione dinanzi a Dio della pena temporale legata ai peccati, già rimessi in confessione quanto alla colpa: l’indulgenza “parziale” libera da una parte di pena; la “plenaria”, da tutta.
Cinque secoli fa l’indulgenza si pagava: tanti denari e tante indulgenze. Per ricostruire la basilica vaticana, iniziata nel 1506, con la vendita delle indulgenze il papato riuscì a raccogliere molti soldi. Contro questo traffico nel 1517 si levò il monaco Martin Lutero, poi scomunicato da Roma. Gran parte della Germania si schierò con il ribelle: per contrastare la Riforma, con il Concilio di Trento (1545-63) il papato avviò la Controriforma che, tra l’altro, cercò di debellare lo scandalo della compravendita delle indulgenze.
Pur depurata dagli eccessi, la loro pratica - spesso quantificata: ad esempio liberante, nel purgatorio, l’equivalente di sette anni terreni - induceva molti fedeli a pensare di “comprare” il perdono di Dio. Il Vaticano II sfiorò la questione ma, infine, nei suoi documenti ignorò le indulgenze. Del resto, gran parte del Concilio si era ritrovata in quanto aveva allora detto il cardinale Julius Dopfner, arcivescovo di Monaco: il tesoro della Chiesa non sono le indulgenze, ma Gesù Cristo.
Tuttavia, anche per venire incontro ai “conservatori” delusi dal silenzio del Concilio, nel 1967 Paolo VI sfrondò le indulgenze di aspetti peregrini, salvandone però la sostanza. In realtà, però, esse andarono scomparendo dal vissuto del popolo cattolico.
Ha meravigliato molti, perciò, che ora, in occasione della tremenda epidemia del Coronavirus, Francesco l’abbia ripresa, a conforto dei morenti a causa del morbo, e a incoraggiamento di quanti con molta generosità assistono i contagiati. E allorché - lui stesso ha dato ieri l’annuncio - venerdì prossimo pregherà in una piazza san Pietro vuota, otterranno l’indulgenza plenaria quanti, pentiti dei loro peccati, si uniranno spiritualmente a lui invocando il Signore di liberare il mondo dal virus.
La rivisitazione delle indulgenze, ora che la pandemia scuote l’Italia e il pianeta, consolerà quei cattolici che sanno ciò che significano? Però molti, che pur lo sanno, non se ne curano: e tuttavia si impegnano al massimo per salvare vite umane, sapendo che questo, oggi, è per essi l’unico modo serio di essere seguaci di Gesù di Nazareth.