Pranzo con i nonni, ma solo virtuale
Pranzo con i nonni, ma solo virtuale
Iperconnessi. A qualsiasi ora, da qualsiasi schermo, purché sia online. Chiusa ogni possibilità di contatto diretto, le condivisioni virtuali aumentano esponenzialmente. Ormai mi sento tutt’uno con il monitor.
Il cellulare è un’estensione della mia mano. Mi sveglio al mattino presto e subito accendo il computer. Preparo materiali, registro e metto in rete. Segue il momento delle videolezioni, ovviamente appese al wi-fi. Poi correggo e rispedisco i compiti agli studenti, quindi rispondo a decine di messaggi.
A scuola ero abituata ad incontrare i colleghi sul corridoio, in sala insegnanti, alla macchinetta del caffè. Ora tutti questi contatti, durante i quali potevamo scambiarci informazioni, sono stati sostituiti da messaggi elettronici. Ci sono i colloqui coi genitori: anche questi da qualche settimana sono al computer. Ogni giorno rispondo a decine di mail, e spesso non riesco nemmeno a finire il volume quotidiano. I miei figli non sono da meno: siamo sempre stati fieri avversari del telefonino a scuola elementare e media, ma in questo periodo la deroga è all’ordine del giorno.
Caterina usa il mio cellulare per fotografare i compiti e spedirli, oppure per registrarsi mentre suona; Silvia muore dalla voglia di rivedere le sue compagne di classe e quindi me lo chiede per le videochiamate di gruppo. Ne reclamo presto la restituzione: anch’io continuo a sentire le amiche. Ci siete? Ci siamo tutti? Stiamo tutti bene? Alcune piangono perché non ce la fanno più. Non siamo in prima linea, ma siamo tutti chiusi in casa coi bambini che smaniano, che pretendono attenzioni, che fanno domande a cui non sappiamo rispondere. C’è chi non ha a disposizione nemmeno un balconcino e quindi deve gestire l’energia della prole in pochi metri quadri, con il sistema nervoso messo a dura prova.
È necessario, ma è una fatica. E scatta la telefonata di sfogo. Chiudo la cornetta e lo schermo si illumina di nuovo: da qualche parte ho letto che l’uso di WhatsApp è aumentato di dieci volte, e non fatico a crederci. Tutti i gruppi di cui faccio parte sono intasati di vignette e filmati sull’emergenza. L’ironia sul Coronavirus mi è venuta a noia, ma per il resto del mondo evidentemente non è così, e le notifiche di immagini satiriche continuano a ritmo incalzante. Potenza delle giornate passate in casa. Usiamo il collegamento video per i filmati didattici con Silvia, per i tutorial dei lavoretti di Luciano.
Inviamo messaggi in giro per il mondo: alla bambina di Norimberga che abbiamo ospitato per lo scambio linguistico della scuola; anche lei adesso è in isolamento. O alla bambina bielorussa che viene da noi un mese l’anno: la famiglia sta bene, in Bielorussia al momento non c’è nessuna restrizione. Lo schermo è l’unica finestra che abbiamo, il wi-fi è indispensabile. Abbiamo usato la rete perfino per simulare il pranzo domenicale coi nonni, seduti all’altro capo dello schermo. In questo caso, però, si è trattato di un’arma a doppio taglio: i piatti sulla loro tavola erano decisamente più invitanti dei nostri. I miei figli non hanno perso l’occasione per farmelo notare; ma temo che ancora per un po’ dovranno accontentarsi di pasta al pomodoro, e i manicaretti della nonna li vedranno online.