"Videolezione" senza merenda
"Videolezione" senza merenda
«Mi raccomando, niente baffi di cioccolata sul viso!». La coordinatrice di classe spiega le buone pratiche della didattica a distanza; anche l’istituto di Caterina ha steso un regolamento. Punto uno, rispetto degli orari. Gli insegnanti fissano le videoconferenze con anticipo.
Agli studenti si chiede di comunicare eventuali contrattempi: computer in uso a genitori e fratelli, problemi di rete, allergia al polline che gonfia il viso. Altrimenti - è la raccomandazione dell’insegnante - schermi accesi all’ora stabilita. E magari limitare le “difficoltà di connessione” nei giorni delle interrogazioni programmate. Punto successivo: la privacy. Questo è un aspetto molto delicato, con cui tutte le scuole si stanno confrontando. In linea di massima, anche in videoconferenza valgono le regole della scuola vera: non è possibile registrare le lezioni senza il consenso esplicito dell’insegnante. In rete, però, tutto è più sfuggente. Ci sono applicazioni per cui basta un clic e la lezione è salvata direttamente sul computer, strafalcioni dei compagni di classe inclusi. E ci sono, ancora più di prima, i cellulari; noi resistiamo e quindi Caterina non ha uno smartphone, ma in classe è rimasta l’unica. Controllare i telefonini a distanza è impossibile: la scuola chiede la collaborazione di studenti e genitori. «Illecito. Ragazzi, conoscete tutti il significato di questa parola?». Chiede a più riprese la docente. Punto quattro, durante le lezioni i ragazzi devono attivare la telecamera. Su questo anche al «Da Vinci» abbiamo insistito parecchio. All’inizio di quest’incredibile avventura capitava (a qualcuno succede ancora) che alcuni studenti salutassero, poi disattivassero la ripresa e si dedicassero ad altro.
Nessuno vuole curiosare nelle camere dei ragazzi, ma abbiamo bisogno di guardarli negli occhi quando parliamo. «Già che ci siamo - aggiunge la professoressa - fatevi trovare pettinati e vestiti. Non in pigiama». Nel regolamento dell’istituto comprensivo non c’è un esplicito riferimento alla colazione, ma ci pensa la coordinatrice: «Vietato presentarsi davanti allo schermo con la tazza del latte. Vietato mangiare: dovete comportarvi come fareste in classe». A me non è mai successo di veder banchettare gli studenti in diretta, ma so di colleghi che hanno combattuto battaglie estenuanti contro il pan carré. Immagino che nella scuola di Caterina sia avvenuto lo stesso. E si passa alla gestione dei microfoni: a differenza della telecamera, l’audio deve essere spento durante la spiegazione, e riacceso di volta in volta su richiesta. Qualche settimana fa i microfoni facevano scattare il panico, perché si potevano disattivare e riattivare anche in remoto da parte degli alunni; capitava che i compagni giocassero con l’audio degli altri. Adesso l’applicazione è stata aggiornata ed ognuno gestisce solo il proprio. La novità per me non è stata del tutto positiva, perché avevo una studentessa che mi faceva da aiutante gestendo con piglio i microfoni di tutti. Ma forse è meglio così: i ragazzi delle medie si divertivano un po’ troppo.
Durante l’ultima lezione, un compagno di Caterina ha tossito forte nel microfono rimasto acceso. Un altro ha urlato: «Aiuto! Il Coronavirus!» ed è scappato a gambe levate, chiudendo il collegamento. In tema di etichetta ci sono ancora ampi margini di miglioramento, ma il vademecum aiuterà.