Siamo in attesa della normalità
Siamo in attesa della normalità
A volte mi sento il Professore. Non l’insegnante di liceo, ma il Professore de «La casa di carta». Me ne sto chiusa nel mio bunker a dare istruzioni in cuffia mentre intorno a me si è scatenato il finimondo.
All’inizio della serie il Professore aveva una lavagna nera e una classe in presenza; dopo qualche puntata dirige una rapina da remoto, rimane nascosto e comunica con la banda, la polizia, i servizi segreti. Io non arrivo a tanto e mi accontento di seguire le mie classi, ho molta nostalgia della lavagna in presenza e lavoro su mille piattaforme: pannelli collaborativi, forum di scrittura creativa, collegamenti in diretta. Mi mancano solo gli occhiali e un geniale piano di uscita. Per il momento, però, qui di piani non ce ne sono.
Desideriamo tornare alla normalità. Ma non sappiamo di quale “normalità” potrà trattarsi, né le tappe attraverso cui la raggiungeremo. E sì che la scuola vive sulla progettazione: ad inizio anno presentiamo i programmi da settembre a giugno, fissiamo incontri e uscite con mesi di anticipo, calcoliamo le singole ore di lezione a disposizione per ogni unità didattica. Il lavoro sulle persone richiede sempre una visione nel medio-lungo periodo. Ma al momento si naviga a vista, fronteggiamo un’emergenza costante e le uniche scialuppe a cui possiamo aggrapparci si chiamano ipotesi. Il che non è di grande conforto. Nel frattempo è iniziata un’altra settimana, e qui Luciano è l’unico ad avere le idee chiare sulla fase 2. Ha tirato fuori dall’armadio il piccolo zaino azzurro che usa per i viaggi ed ha iniziato a riempirlo, in un delirio di «Sono il più forte di tutti!» e «Ci metto ancora una macchinina».
Si è sistemato lo zaino in spalla ed ha iniziato a scendere e salire le scale, aggiungendo oggetti di varia natura al fantasioso bagaglio. Insieme a libretti e macchinine, ha schiacciato nello zaino anche le coccinelle di cartoncino, ispirate da un video delle sue maestre e destinate a decorare un cartellone appena la scuola riaprirà. Il rientro in classe è ancora di là da venire, ma lui è già pronto. Un vero supereroe. Caterina inizia la settimana con la ginnastica, e quindi alle 8 e mezza è già impegnata a saltare a destra e a sinistra, usando lo zaino come ostacolo. Della lezione di scienze motorie fanno parte anche decine di palleggi con palla da basket e relativo effetto terremoto per tutto il vicinato. Speriamo che nessuno avesse programmato di dormire fino a tardi. Silvia è preoccupata: il papà non ha ancora avuto il tempo di cambiare la cartuccia della stampante (io ovviamente non sono capace, inetta di fronte a qualsiasi attività pratica) e quindi dovrà rimandare al pomeriggio il momento quotidiano dei compiti.
Non che mia figlia abbia un senso del dovere così alto, ma spesso svolge le attività in collegamento con la sua compagna di banco, e teme di perdere l’appuntamento. In tempi di clausura il tablet può rappresentare un’ancora, e rimanere senza stampante fa un effetto simile al famoso pavimento che sparisce sotto i piedi. Poi ci sono io: di prima mattina, puntualissima, indosso le cuffie e mi collego con gli studenti. Esercizi sul periodo ipotetico in latino. Autori del primo Ottocento. Parlo dello spirito guerriero che ruggiva nel petto di Foscolo e nel frattempo lancio sguardi preoccupati verso la finestra. Sono in veste “Professore” e non vorrei che si presentasse a negoziare Alicia Sierra, che nella serie televisiva non è nota per la sua umanità.