Nella città santa si prega insieme
Nella città santa si prega insieme
A Gerusalemme i rappresentanti delle maggiori religioni si sono incontrati a pregare perché il Signore allontani la pandemia: un "vertice" singolare che potrebbe essere preso d'esempio altrove, per inverare il dialogo tra persone di diverse credenze.
In uno spiazzale davanti ad un hotel, mercoledì scorso nella Città santa si sono riuniti i due rabbini capo d'Israele, l'ashkenazita David Baruch Lau e il sefardita Yitzhak Yosef; il patriarca ortodosso-ortodosso di Gerusalemme, Theophilos III; l'amministratore apostolico del patriarcato latino di Gerusalemme, arcivescovo Pierbattista Pizzaballa; due imam musulmani, Sheikh Gamal el-Ubra e Sheikh Agel al-Atrash; e il leader spirituale druso, Sheikh Mowafaq Tarif.
Il rabbino David Rosen, da sempre impegnato per il dialogo inter-religioso, ha definito «meraviglioso» l'incontro, perché - ha diplomaticamente precisato - vi hanno partecipato anche coloro che «di solito non sono così aperti al dialogo interreligioso»; ma anche «triste», perché l'occasione che lo ha originato è stata «la tragedia, il dolore, la sofferenza» provocati dal coronavirus che, tuttavia, «ci ha uniti nonostante le differenze teologiche».
I dialoghi interreligiosi a Gerusalemme sono particolarmente ardui perché, anche quando programmati con caratteristiche spirituali, facilmente si allargano all'aspetto politico del conflitto arabo-israeliano. Mi ricordo quando, il 23 marzo 2000, Giovanni Paolo II nella Città santa partecipò ad un incontro inter-religioso: non appena arrivò il turno di parlare ad uno sceicco musulmano questi, dopo poche parole di circostanza, denunciò con veemenza l'occupazione israeliana dei Territori e di Gerusalemme-Est. Il rabbino presente rimase attonito, e lo stesso pontefice - che seguiva in traduzione simultanea - era in evidente imbarazzo.
All'incontro del 22 aprile i rabbini hanno pregato con il salmo 121: «Alzo gli occhi verso i monti: da dove mi verrà l'aiuto? Il mio aiuto viene dal Signore: egli ha fatto cielo e terra. Non lascerà vacillare il tuo piede, non si addormenterà il tuo custode. Non si addormenterà, non prenderà sonno il custode d'Israele».
Da parte sua Pizzaballa ha poi commentato: «Il coronavirus è riuscito a fare una cosa molto rara specialmente qui a Gerusalemme, vale a dire far recitare insieme la stessa preghiera a persone di fedi diverse, ebrei, cristiani, musulmani, drusi».
E un comunicato sull'incontro spiegava: «I leader religiosi del paese si sono riuniti per la prima volta in assoluto per invocare la misericordia e la compassione divina nel momento in cui siamo sfidati da una pandemia che ha colpito tutta l'umanità. Ora chiediamo a tutti i cittadini del mondo di pregare insieme per la salute e l'unità».
Domanda: non sarebbe il momento che anche in Italia i leader religiosi cattolici, protestanti, ebrei, musulmani, buddhisti, induisti e altri ancora, organizzassero, in tempo di coronavirus, un incontro analogo? Se è stato possibile a Gerusalemme, perché non a Roma?