Cari trentini io vi tengo vivi
Cari trentini io vi tengo vivi
Credo che non si siano mai divertiti tanto, in Trentino. Abituati ai passi felpati di orsi leggendari, a trovarsene davanti uno vero non stanno nella pelle. E così, mentre io assumevo seriamente l’impegno di Presidente, nel momento in cui il direttore Maraniello aveva deciso di andarsene, lavorando, come mostrano le bellissime esposizioni da Isadora Dancan a Carlo Benvenuto, e programmando con ambizione e impegno anche proposte e imprese difficili, i consiglieri provinciali trentini avevano, e hanno, finalmente qualcuno su cui esprimere i loro giudizi e il loro moralismo. Non come presidente del Mart, ma come uomo, politico, deputato in Parlamento e quindi loro superiore collega, persona viva nel tempo della morte (che significa anche esprimere posizioni analoghe a quelle dei massimi pensatori come Bernard Henri Lévy, Giorgio Agamben, Vargas LLosa, Sabino Cassese).
E quando mai in un solo uomo, e per di più chiamato in Trentino, potevano trovare tanti stimoli?
E così hanno cominciato a cavillare: prima l’abusivo Marini, poi il democratico Luca Zeni, detto “Bucci”, e finalmente un giornalista in pensione, tale Ghezzi, omonimo del ristoratore del Mart, a capo del gruppo di “Futura”, quasi per ironia della sorte. Niente di più bigotto di quel gruppo, in cui alcune donne potevano proclamarsi titolari della dignità femminile offesa difendendo (finalmente) le deputate nominate da Berlusconi, improvvisamente non più donne-oggetto dominate dal drago maschilista, ma vittime delle mie invettive in un dibattito parlamentare. Senza riscontro, peraltro. E allora lettere, proteste, basate su niente, in difesa della Carfagna amata da Berlusconi e naturalmente entrata in Parlamento per le sue riconosciute virtù politiche, manifestate in calendari erotici: un lusinghiero curriculum. L’altra, sempre di Forza Italia, alleata quindi di Fugatti, non pervenuta, ma moglie del vicepresidente della Regione siciliana, che la portò una sera da Berlusconi e, sempre per le sue riconosciute virtù politiche, fu nominata parlamentare. A questa realtà le ragazze di “Futura” non pongono attenzione, loro si preoccupano del “vaffanculo”, per altro senza distinzione di genere, che è il grido di battaglia dei grillini prima di andare al governo (gli stessi che, allora tutti “No vax”, chiamavano, nell’indifferenza di “Futura”, Umberto Veronesi: “cancronesi”). E tutto questo a Rovereto, la patria del grande futurista Fortunato Depero, mostrando come le affinità etimologiche non corrispondano al significato di movimenti politici e artistici. Nulla di più lontano di “Futura” dal Futurismo. Le parole di Marinetti nel Manifesto attendevano soltanto di essere stigmatizzate da una ragazza di “Futura”, con la stessa determinazione con cui si abbattono le statue: «Non v’è più bellezza, se non nella lotta. Nessuna opera che non abbia un carattere aggressivo può essere un capolavoro. La poesia deve essere concepita come un violento assalto contro le forze ignote, per indurle a prostrarsi davanti all’uomo...Noi vogliamo glorificare la guerra - sola igiene del mondo - il militarismo, il patriottismo, il gesto distruttore dei libertari, le belle idee per cui si muore e il disprezzo della donna...
Noi vogliamo cantare l’amor del pericolo, l’abitudine all’energia e alla temerità.
Il coraggio, l’audacia, la ribellione, saranno elementi essenziali della nostra poesia. La letteratura esaltò fino ad oggi l’immobilità pensosa, l’estasi ed il sonno. Noi vogliamo esaltare il movimento aggressivo, l’insonnia febbrile, il passo di corsa, il salto mortale, lo schiaffo ed il pugno...Noi vogliamo combattere contro il moralismo, il femminismo e contro ogni viltà opportunistica o utilitaristica» (”Manifesto futurista” del 1909, di F.T. Marinetti, idolatrato da Depero). E invece no. “Futura” lo rinnega. L’unico nemico è l’orso parafulmine, presidente del Mart, il museo dove sono celebrati proprio quei futuristi. E finalmente si sveglia il capo di “Futura”, il Ghezzi, il quale si scaglia contro una conferenza stampa di assoluto rigore, con tutte le autorità siciliane e trentine, revocando in dubbio, in base a non so quali valutazioni, che il presidente dell’Assemblea provinciale regionale sia rappresentativo della Provincia (e chi, se no?), che un politico di lunghissimo corso, che è stato assessore regionale per 15 anni, consigliere e segretario di un partito politico e poi senatore, non possa essere citato come tale. Per “Futura”, naturalmente, il passato non esiste. E nonostante l’avvertenza di definirlo “ex” (ma non per questo senza storia). Naturalmente è sempre colpa dell’orso. Perché, a una giornalista che lo interrompe durante la sua relazione, si permette di chiedere di intervenire alla fine, come si fa sempre, e che sta dicendo cose imprecise, ma non diverse, nella sostanza, da quelle che l’orso sta dicendo. Naturalmente bastano due ruggiti dell’orso per trasformare una eccellente conferenza stampa, con ottimi interventi, in qualcosa che merita profittevoli interrogazioni basate sul nulla. Mai una conferenza stampa (per di più in Sicilia) ha determinato tanto turbamento in Trentino, pur nel perfetto rispetto delle regole, nel rigore della pratica, nella cucitura dei rapporti. Non va bene; l’ultima associazione amatoriale vale di più. Una dracma. Io tengo allegro il mondo trentino, do ragione di esistere a intorpiditi consiglieri che si possono indignare e, regolarmente, chiedere di cacciare l’orso. Dentro le loro interrogazioni e dichiarazioni non c’è niente. L’attività del Mart procede, le mostre si aprono, le recensioni favorevoli ci accompagnano, i programmi si realizzano. Ma Ghezzi si indigna e, con le sue passate future, finalmente si sente vivo. E se non fosse che io sono felice di rappresentare per lui un ricostituente, penserei che, in tempi come questi, rispetto a quello che dice, e a un singolare delirio rispetto alla realtà, sarebbe forse opportuno chiedere per lui un TSO. Ma in realtà prevale in me il compiacimento di essere una medicina per i malinconici consiglieri trentini. Continuerò così, per la loro salute spirituale. L’orso avanza.