Da Bruno Kessler ad Alessandro Savoi
Il direttore dell’Adige commenta il caso degli insulti del consigliere provinciale leghista ad Alessia Ambrosi e Katia Rossato
Da Kessler a Savoi in men che non si dica. Per una settimana, approfittando del trentesimo anniversario della morte del presidente della Provincia che riuscì a portare il Trentino nel futuro, abbiamo cercato di ritrovare le parole, lo spirito, le visioni di una politica alta, il senso di un governo, di un'idea di autonomia. Poi siamo sprofondati ancora una volta nella violenza verbale del presidente (dimissionario) della Lega del Trentino.
Il livello sotto al quale s'è spinto Savoi - che usa il nome dell'antica città greca per criticare le donne che hanno osato lasciare il suo partito (agli uomini evidentemente riserva ben altri epiteti) - non meriterebbe nemmeno una citazione. Perché anche solo parlarne, fa correre il rischio di dargli il peso che vuole, esaltando i tifosi che ad ogni sua bestemmia lo applaudono. Però Alessandro Savoi (inconsapevolmente?) rappresenta alla perfezione un pezzo della politica di oggi.
Quella dell'insulto, quella del «se non stai con me sei un infame» (il che, considerati i giri di valzer della classe politica farebbe salire a dismisura il numero dei presunti infami), quella del maschilismo becero che vediamo riemergere in frasi, in discorsi, in sorrisini, in continue e inaccettabili offese a donne che hanno l'ardire di pensare, lavorare, impegnarsi seriamente in politica. E questo non si può ignorare. Non volevamo dargli troppo spazio - perché per lui sarebbe una soddisfazione eccessiva - ma non si può stare zitti di fronte a chi è consigliere provinciale e presidente (fino a ieri) di un partito che esprime il governatore della Provincia. Anzi: complimenti a chi l'ha convinto a fare almeno questo passo indietro.
Savoi avrebbe dovuto dimettersi peraltro anche da consigliere provinciale. Perché non può rappresentare i trentini chi i trentini li offende e li schiaffeggia con parole impronunciabili. Ciò che ha scritto Savoi delle consigliere provinciali che hanno lasciato la Lega per Fratelli d'Italia è poi grave anche politicamente. Perché il presidente dimissionario non si è chiesto come mai la Lega perda pezzi. E non ha cercato nemmeno di capire come mai il "suo" movimento fatichi così tanto a rappresentare chi, votandolo, ha cercato un cambiamento. Forse perché il cambiamento non c'è stato. Ed è a questo e solo a questo che andrebbe collegata la fuoriuscita delle due consigliere.
Abbiamo avuto Degasperi, Piccoli, Kessler. E ora ci ritroviamo questo guitto che recita, senza copione, una parte che va ben al di là delle righe del buonsenso. Cercavamo la politica alta. Ci chiedevamo - ricordando molte delle intuizioni di Bruno Kessler - perché il Trentino oggi non riuscisse più ad essere visionario, protagonista, aperto all'Alto Adige e all'Europa, in grado di investire in ricerca, conoscenza, integrazione, nuova solidarietà. Savoi ci ha riportato alla realtà. Con un pugno in faccia dato a tutta la comunità ancor prima che alle donne che voleva colpire.