Presidenti in cerca di (vera) intesa
Kompatscher e Fugatti hanno partecipato ad un confronto organizzato dall’Adige
TRENTO. Poi li chiami in redazione e scopri che i due non sono affatto cane e gatto. Politicamente sono distanti, certo. Anche perché uno - pur governando in giunta provinciale con gli amici dell'altro - ci tiene a posizionarsi in un determinato modo, soprattutto per quel che riguarda stile e valori. L'altro, del resto, deve ruggire anche quando non ne ha una gran voglia.
Pena la figura di passare per troppo morbido di fronte a chi, nel suo movimento, ha fatto dell'urlo una tradizione. Di qui la scelta di essere pragmatico 360 giorni all'anno, facendo la voce grossa gli altri cinque per non correre appunto il rischio di passare (troppo) per democristiano.
Il primo tifa per l'Inter e finalmente prende in giro il secondo, juventino. Ma, gratta gratta, le cose che li dividono non sono poi così tante. Parlo, ma già l'avete capito, di Kompatscher e Fugatti, i due presidenti (cerchiamo di smetterla di chiamarli governatori) che fra tre settimane si scambieranno la poltrona - davvero poco consumata, considerato l'interesse che desta in loro, così impegnati sui rispettivi territori - di presidente della Regione. Parlo, ancora, dei due capi delle nostre autonomie: gli uomini che spesso, almeno all'apparenza, faticano a fare sintesi di temi che vanno un po' oltre il confine di Salorno per arrivare sui tavoli romani.
Di fronte a questa obiezione, entrambi dicono peraltro che anche quando hanno idee diverse (vedi il destino dell'A22) sono pronti a fare un passo indietro per presentarsi a Palazzo Chigi con la mitica firma congiunta. Un alibi di ferro l'hanno: molte delle cose che dovevano, potevano o anche solo semplicemente sognavano di fare sono state travolte all'inizio della legislatura da Vaia e pochi mesi dopo dal Covid-19. Poteva essere l'occasione per soffermarsi su ciò che può avvicinare le due realtà o per condividere percorsi, ma - garantiscono - ciò che non s'è fatto prima, si potrà fare quando finalmente usciremo dal tunnel del virus, puntando sulla sostenibilità, sull'economia circolare, su un'idea diversa di territorio.
Con una certezza: finito il tempo delle ideologie, i cittadini badano al sodo, alla fatica che fanno per ripartire, ai conti che a fine mese non tornano, più che ad alchimie politiche e a riforme di statuti. A entrambi, oggi più che mai, si chiede però di conciliare quest'eterno presente con la necessità di dare una prospettiva - anche in termini di assetti istituzionali - a un territorio che la pandemia ha a tratti isolato in modo preoccupante.
Certe scelte, soprattutto in Alto Adige, rischiano ad esempio di condizionare i turisti, ma - a Bolzano come a Trento - pesa anche un'incertezza che va dal posto di lavoro alla sensazione che l'autonomia non viaggi più a pieni giri, come quando si provava ad inventare qualcosa di nuovo e di diverso. In tal senso, la collaborazione fra le due università e fra i vari istituti di ricerca - sempre che non si continui a pensare che l'innovazione si possa tagliare o ridimensionare - sarà un banco di prova per capire la differenza fra gestire e programmare, fra barcamenarsi e volare.