La guerra nella guerra in assenza di futuro
L’editoriale domenicale del direttore dell’Adige Alberto Faustini
Il patto sul gas prevale sul sangue innocente. Gli accordi economici spingono in un angolo i ripetuti appelli del Papa contro la guerra, allontanano il dolore di un popolo, il dramma di quelli che sono in un certo senso i nostri vicini di casa.Passa in secondo piano persino ciò che hanno coraggiosamente scritto in queste ore le organizzazioni femministe russe. Uno sguardo terribile e diverso sulla guerra in Ucraina.
Uno schiaffo a Putin e a quanti "difendono" (meglio: impongono) presunti "valori tradizionali": «Guerra - scrivono - significa violenza, povertà, sfollamenti forzati, vite spezzate, insicurezza e mancanza di futuro. La guerra aumenta la disuguaglianza di genere e mette un freno per molti anni alle conquiste per i diritti umani. La guerra porta con sé non solo la violenza delle bombe e dei proiettili, ma anche la violenza sessuale: come dimostra la storia, durante la guerra il rischio di essere violentata aumenta di molto per qualsiasi donna». Gli stupri continui non sono un effetto collaterale. Sono la guerra nella guerra.
Un'altra forma di morte, un'altra forma di annientamento della vita, della dignità, dell'umanità. Dopo un mese di conflitto, si fatica ad allargare lo sguardo, a vedere anime devastate ancor più dei palazzi. Ci si concentra solo su alcune cose: sui luoghi conquistati o perduti più che sulle migliaia di morti spesso senza nome.
E la guerra economica - fatta di armi letali moderne chiamate sanzioni, di un braccio di ferro che piega anche la forza di chi lancia la sfida - cambia anche la vera guerra, quella che militari troppo giovani e spesso inesperti combattono in un fango sempre più simile alle sabbie mobili. E cambia la strategia di Putin, che ora avrebbe intenzione di concentrarsi "solo" sul Donbass per potersi dire vincitore di un conflitto che sta invece perdendo su ogni fronte.
Ora serve, come ha detto il presidente francese Macron, un'operazione umanitaria eccezionale. Perché la mancanza di futuro è il tema centrale. È la ricostruzione più complicata. Ed è bello poter dire che su questo fronte la nostra terra ha già dimostrato il valore di un'autonomia fatta di efficienza, di vicinanza, di condivisione: il campo portato dalla nostra protezione civile in Moldavia è infatti un minuscolo ma fondamentale segno di accoglienza e di ritorno alla vita. La traccia di una ripartenza reale.
Un approdo caldo e sicuro. Perché c'è una materia prima che non si misura in euro, in dollari o in rubli, come piacerebbe a Putin: è la solidarietà. E non ci può essere pace senza solidarietà. Non ci può essere nemmeno ripresa - per tornare al tema di un'economia sempre più in ginocchio - senza pace.
Il politico forse più acuto che ci sia oggi sulla terra, Papa Francesco, ci ricorda che «ci siamo lasciati inaridire dall'indifferenza e paralizzare dall'egoismo, preferendo alimentare l'aggressività, sopprimendo vite e accumulando armi e dimenticandoci che siamo custodi del prossimo e della stessa casa comune».