Samantha Cristoforetti, astronauta con figli. E il doppio cognome di famiglia
Una giornata segnata da due notizie: il volo di AstroSamantha e la sentenza sul doppio cognome. Che scatena i peggiori istinti di un Paese vecchio e immobilista
I media italiani, oggi, sono pieni di fotografie di Samantha Cristoforetti. Non sono le fotografie di un’astronauta, ex ufficiale dell’Aeronautica Militare, professionista super-specializzato alle prese con le procedure di lancio di una navetta spaziale. Sono fotografie di Samantha che manda un bacio ai suoi due bambini, mentre si avvia a fare il suo lavoro.
Le fotografie hanno alimentato – soprattutto nel social media dei boomer come me, quella cloaca che si chiama Facebook – una valanga di commenti odiosi. In molti (guarda caso sono uomini in prevalenza) hanno scritto cose del tipo «come fa una mamma a rischiare la vita e stare via 5 mesi lasciando i bambini da soli?».
La risposta è una sola: fa come fanno tutti i suoi colleghi astronauti. Perché ad un astronauta maschio, nessuno chiederà conto di aver «abbandonato i figli piccoli». Semplicemente, la comandante Cristoforetti fa quello che deve fare, con grandissima competenza, abilità e preparazione.
Il clima di odio nei suoi confronti, comunque, viene esattamente nello stesso giorno nel quale l’Italia si lascia andare ad una ondata di isteria maschilista perché la Corte Costituzionale ha sentenziato che «non può essere imposto da nessuna norma l’automatismo del cognome paterno ai figli della coppia».
Anche qui, vengono in mente le immortali parole di Damiano dei Maneskin: «La gente purtroppo parla / non sa di che cazzo parla».
Ho assistito allibito ai commenti di miei «amici» di Facebook (persone che ritenevo equilibrate e mediamente informate) che parlano persino di «femministe assatanate» (che i Giudici Togati della Consulta siano «femministe assatanate» mi fa ridere. E penso alla giurista trentina De Pretis, che della Corte Costituzionale è vicepresidente.
Non sono qualificato a parlare di legislazione e Diritto. Lascio la risposta al professor Ugo De Siervo, costituzionalista, intervistato oggi dal Gr1 Rai: «Sarebbe stato ancora più opportuno che il Parlamento avesse provveduto per tempo, ha avuto anni ed anni, a disposizione per porre in essere una disciplina più moderna e più adeguata alla sensibilità contemporanea. In pratica, basta questa sentenza della Corte ad applicare la nuova norma, ma in realtà è una sentenza che suscita immediatamente dei problemi. Dare un doppio cognome senza avere una legge specifica crea problemi: chi sceglie, come sceglie… tutte queste cose le deve fare il Parlamento. La Corte dà una una forte spallata rispetto all’immobilismo del nostro Parlamento».
Quindi, inutile andare a cercare le «femministe assatanate». Facciamo prima ad andare a stanare i nostri politici camaleonti. Che sui diritti fondamentali (fine vita, scelta delle cure, libertà di essere la persona che si vuole essere, libertà di creare una famiglia con chi si vuole) sono fermi al Medioevo, in una società che è cambiata. E che potrebbe persino mandare un genitore astronauta nello spazio senza chiedersi se è il papà o la mamma.