Politica

Centro e periferia restano distanti

La geografia dei consensi ribadisce che il centrosinistra tira nei Comuni medio-grandi, mentre è in affanno in periferia. E la distanza fra voto urbano e voto di valle è una frattura che andrebbe studiata con attenzione anche qui

Ammettiamolo: l'ultima tornata elettorale sembra già lontanissima. Vuoi perché solo ciò che è successo a Verona ha un po' incuriosito, vuoi perché tutto ciò che non ci tocca da vicino ci coinvolge sempre meno, vuoi perché in una settimana cambia tutto sette volte, in Italia.

Per qualsiasi dubbio, chiedere a Draghi, l'uomo rappresentato alla perfezione nella sua (preoccupata e preoccupante) solitudine al vertice della Nato: gli altri ad ascoltare un piccolo concerto in un museo, lui ad ascoltare una telefonata («non ricordo di chi», ha detto dopo, spiegando di essersi seduto là da solo perché era anche un po' stanco). Di lì a poco avrebbe salutato in anticipo la truppa - che non s'era trovata a Madrid esattamente per un giro di briscola - per salvare la propria poltrona e per mediare ancora una volta con il Conte ballerino (un passo verso il governo, l'altro verso l'opposizione, con imprevedibili casquè).

Il presidente Draghi è tornato di corsa a Roma per recuperare per il ciuffo il suo predecessore. Operazione al momento riuscita. Del resto, non serviva che scendesse in campo il capo dello Stato, per ricordarci che se dovesse cadere il governo non ci saranno che le urne. E le elezioni somiglierebbero a un suicidio più che a una soluzione. Per assurdo, mentre la Lega e il Movimento 5stelle sparano contro il premier, a salvarlo - in un eventuale scontro finale in aula - saranno probabilmente proprio i parlamentari (a cominciare da salviniani e contiani), visto che, votando la sfiducia, molti di loro direbbero praticamente addio anche al seggio parlamentare.

Chi mai, per uccidere politicamente Draghi, sceglierà infatti la via del contestuale e personale suicidio politico? Il voto amministrativo - che Draghi, da buon tecnico, ha guardato con distacco, e che partiti e movimenti hanno invece guardato un po' con gioia e un po' con angoscia - dice comunque qualcosa anche a noi. La geografia dei consensi ribadisce che il centrosinistra tira nei Comuni medio-grandi, mentre è in affanno in periferia.

E la distanza fra voto urbano e voto di valle è una frattura che andrebbe studiata con attenzione anche qui. Vista dalla città, la situazione sembra una sola: dopo la vittoria di Ianeselli il centrosinistra - ammesso che ritrovi la stessa, necessaria compattezza – può espugnare la Provincia. Vista dalla periferia - che è ancora in ogni senso lontana - la situazione è opposta: il "metodo" Ianeselli potrebbe dunque non bastare per sconfiggere un presidente Fugatti che ha tessuto una tela fondamentale con quei piccoli Comuni che anche poco meno di quattro anni fa l'hanno portato a Palazzo.

Pensate a Damiano Tommasi (che come Ianeselli ha saputo porsi come il "Papa nero" di un diverso centrosinistra) e pensate a Luca Zaia (che come Fugatti ha saputo parlare in modo diverso alla sua comunità): sono la fotografia di un Veneto che non è molto diverso dal Trentino. Ma le segreterie dei partiti sono tutte in città, se non sbaglio.

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