Due trentini nella Gold Coast: ecco Brisbane, la città dell’eterna primavera
Roberto Bombardelli, nato in Australia e tornato bambino ad Aldeno, e Lionello Ravanelli, di Albiano, sono partiti per un viaggio che è anche un tributo ai tanti che cercarono fortuna in quella terra lontana. Ce lo raccontano con il blog "Effetto Boomerang"
PRIMA TAPPA L'arrivo e le prime pedalate
LA GALLERY/1 A spasso per Sidney
LA GALLERY/2 Brisbane, tuffo nel futuro
SIDNEY. Il 27 ottobre, dopo aver prenotato un biglietto per Brisbane, lasciamo l’hotel di Sydney con le bici stracariche. Ci attende un viaggio di 16 ore in treno.
Nella Central Station ci attende una signora di origini indiane. Qui le etnie sono moltissime e, ex nativi a parte, della cui marginalità spesso piange il cuore vedere ai margini della società, tutte le altre sono perfettamente integrate. Italiani in testa: te ne accorgi dall’interesse nei nostri riguardi quando ci chiedono da dove veniamo.
Ci hanno scambiato per ispanici forse perché il dialetto dei nostri commenti ha qualcosa di spagnolo. Sorridono quando scoprono che veniamo, invece, dall’Italia: questo la dice lunga su come siamo percepiti quaggiù.
Essere italiani in Australia è un vero asset.
Tornando alla signora in stazione: con pazienza, calma e cortesia (quelli in fila dietro di noi non scalpitano o sbuffano, ci fornisce due enormi scatole ove imballare i nostri mezzi. Ci chiede se abbiamo bisogno di attrezzi e ci segue in tutta la procedura. Salutiamo e ci portiamo sul binario. Il biglietto non costa molto ma le carrozze sono in perfetto ordine. Una considerazione sul trasporto ferroviario: in controtendenza rispetto al resto del mondo (Corea del nord compresa) qui l’utilizzo della ferrovia è considerato una opportunità secondaria.
Il treno viaggia lentissimo, tanto che ci ricorda la Vaca Nonesa degli anni ‘60. Siamo un po’ su di giri con i nostri commenti e una assistente di bordo che ricorda la signorina Rottermeier, ce lo fa notare con simpatia dicendoci che siamo i più allegri tra i passeggeri. Quando scopre da dove veniamo, ci sorride e ci augura buon viaggio. Passa continuamente a controllare le postazioni e segna tutto su una tavoletta. Tutti obbediscono, se non sono al posto giusto si spostano senza rimostranze. Il rispetto dei ruoli qui si nota parecchio. Tuttavia è la stessa operatrice che se si accorge che si liberano dei posti, chiede se si desidera occuparne due per viaggiare più comodi.
L’avvisatore ci informa che si spegneranno le luci. Dormiamo, il viaggio è lungo, molto lungo. A Casino si migra sui bus e dopo due o più ore (non si capisce perché nel Queensland non usino l’ora legale pur trovandosi sullo stesso meridiano di Sydney) riguadagniamo un’ora della nostra esistenza perduta nel viaggio in aereo. Arriviamo a Brisbane di sabato. L’hotel non apre la reception durante il weekend ma troviamo chiavi del monolocale con le istruzioni in un box cassaforte direttamente fuori dalla reception. Componiamo il numero segreto che ci hanno inviato e troviamo una lettera di benvenuto e le chiavi. Nessun controllo, tutto semplice e prevedibile.
Sistemiamo le nostre cose e poi via in bici verso il centro della città che ci accoglie radiosa ma meno frettolosa di Sydney… forse perché è sabato.
Una città particolare: per esempio, chi ci ha vissuto riporta che qui è sempre o primavera o estate. La mezze stagioni sono rimaste ma inverno e autunno no. In giro tanta gente che vuole divertirsi ed eventi per strada. Siamo colpiti da una kermesse di sollevamento pesi cui partecipano anche atleti con disabilità in un’unica soluzione. Una dimostrazione del livello di inclusione (nativi a parte…, di loro gli Aussie preferiscono non parlare o cambiano discorso nonostante l’istituto del“Sorry day” e le storie di discriminazione ben note e raccontate in letteratura e filmografia). La città è piena di ciclabili e luoghi di svago e ritrovo. Molti si dedicano all’attività sportiva.
Procedendo da Elisabeth Street, percorrendo un paesaggio urbano vastissimo e futuristico, arriviamo ad un parco fluviale incantevole. In giro famiglie che passeggiano e parchi giochi (play ground) che sembrano luna park. Centinaia di bambini giocano sulle moltissime dotazioni, nessun litigio per la fila; i genitori vigilano e pasteggiano su tappeti d’erba tipo stadio. Una enorme piscina dai bordi di sabbia bianca accoglie centinaia di bagnanti sotto l’occhio vigile delle bagnine (probabilmente volontarie); non si paga nessun biglietto. È pur vero che anche qui si notano sacche di marginalità, simili a quasi tutte le grandi metropoli europee, ma tutto il restante è colore e senso di rispetto della cosa pubblica. Magari gli australiani sono un po’ chiusi e stentano ad aprirsi, ma hanno un senso di comunità che pure la Svizzera invidierebbe. Lio dice che Brisbane somiglia ad un ibrido tra città del futuro e il paese dei balocchi di Pinocchio, ma senza il gatto e la volpe. La viabilità è incredibilmente fluente: tutti i marciapiedi e gli attraversamenti semaforici fanno attenzione alla disabilità con segnalatori acustici, camminamenti sensoriali, uso frequente di icone. Per questo, probabilmente, in giro si vedono tante persone su scooter e sedia a rotelle e anche persone molto anziane che si muovono facilmente nella città.
Mentre Bob fa il palo alle bici Lio entra a fare la spesa. Un signore attempato che parla un inglese indecifrabile si intrattiene a parlare con Bob: non c’è verso di capirsi. Con calma il signore prende il traduttore, e intanto ci dice “Nice Bikes”, complimenti per le bici; 10 minuti per dirci come e dove è meglio legare le bici quando si vuole sostare. Saluta e se ne va. 10 minuti. Poi Lio entra in un negozio di alcolici (che qui si vendono in negozi separati) per comprare del vino. Nota: il vino australiano è buonissimo, forse perché gli italiani hanno insegnato loro a farlo (prima sembrava esistere solo la birra che in certi cantieri degli anni ‘50 pare fosse più facile da cavare dell’acqua potabile). Alcuni il vino se lo fanno in casa e lo conservano in una buca sottoterra. Come già detto, è buonissimo ma se lo dici in giro ad amici vinofili in val d’Adige o Vallagarina, cala il silenzio e tutti cambiano discorso. Boh! Lasciamo il centro. È sabato e il sole è appena tramontato che già le strade e i vari locali si affollano di uomini in giacca e cravatta e donne elegantissime in abito taglia 21. Rientriamo. Torniamo in periferia dove abbiamo preso stanza. Anche qui, in giro ordine e pulizia. Stanchissimi: tra jet leg e blitz nelle due metropoli siamo frastornati.
Domani ci attendono 80 km per andare a trovare un signore anziano connazionale emigrato giovanissimo che vive qui. Ci alziamo all’alba, il viaggio in bici è piuttosto lungo e noi non conosciamo le strade. Il navigatore si prende spesso gioco di noi ma continuiamo imperterriti. Improvvisamente finisce la strada: il fiume e un imbarcadero. Che si fa? Non si può pagare in cash o carta di credito, serve una card speciale prenotabile on line. Lio chiede ad una gentilissima signora un suggerimento per arrivare sull’altra sponda. Si chiama Anita e conosce bene l’Italia e il Trentino. Ci dice di stare tranquilli che risolverà tutto lei. E infatti, due parole al personale di bordo e siamo invitati a salire con un sorriso. Fantastico, troppo facile. Riprendiamo a pedalare per andare a trovare Roberto. Trentinamente non ci presenteremo con le mani in mano. Optiamo per un Cabernet Shiraz per ottimizzare la conversione.
Lui è in Australia dalla fine degli anni ‘50. Ha fatto mille lavori (il suo, panettiere, solo per un giorno). Con la moglie indonesiana ha avuto 5 figli. Ha 10 nipoti e 6 pronipoti. Ha costruito 5 case. Ci accoglie gentile e ci parla con nostalgia degli anni ‘50 quando per essere assunti bastava una stretta di mano. E poi si prendevano tanti soldi. Rimpiange quei tempi ma, ottantatreenne, maneggia con maestria il suo tablet e ci mostra tante foto ricordo. Salutiamo con molto rispetto e poi di corsa in stanza a prepararci per il lungo tour verso Cairns: quasi 2000 km in bici (a volte piove copiosamente e fa caldo tropicale). Stanno finendo gli antipasti: ora resta la strada.
Ce la faremo? Boh!
Lio e Bob
(2. Continua)