Due trentini nella Gold Coast: pedalando dall'altra parte del mondo
Roberto Bombardelli, nato in Australia e tornato bambino ad Aldeno, e Lionello Ravanelli, di Albiano, sono partiti per un viaggio che è anche un tributo ai tanti che cercarono fortuna in quella terra lontana. Ce lo raccontano con il blog "Effetto Boomerang"
PRIMA TAPPA L'arrivo e le prime pedalate
SECONDA TAPPA La città dell'eterna primavera
LA GALLERY/1 A spasso per Sidney
LA GALLERY/2 Brisbane, tuffo nel futuro
LA GALLERY/3 Tra spiagge e campeggi
BRISBANE. Sono i suoni della notte la nota inequivocabile che sei da un’altra parte del mondo. Fischi che sembrano umani, canti di uccelli da noi sconosciuti, che insieme innescano un continuo e gradevolissimo concerto con l’arrivo del buio fino al mattino. Sopra ci volano pipistrelli dall’apertura alare di un metro.
Mangiano solo frutta. Ma iniziamo da Brisbane il giorno della partenza con le bici stracariche e una prima meta: Bribie Ireland. Partiti alle 10, con calma da italiani che scendono in spiaggia, arriviamo cotti a puntino (almeno Bob che è meno allenato) a notte fonda, che qui ti cade addosso senza dilazioni alle 5 del pomeriggio.
Pedalare nel Queensland è facile: piste ciclabili colorate di verde e una segnaletica orizzontale che chiunque può comprendere, ti aiutano molto. Quello che pesa qui, è il carico delle bici: si viaggia con 20 kg di bagaglio e se ti cade la bici è un guaio.
Sulle strade extraurbane c’è sempre uno spazio a lato per i ciclisti e gli automobilisti sono molto tolleranti. Distanze di sicurezza esagerate, niente clacson per non spaventare, sorpasso a destra con due metri minimi di distanza dalle due ruote. In giro non si vedono automobili ammaccate.
Comprendiamo quanto le distanze di sicurezza siano utili. A maggior ragione se pedali. La gente per strada ci saluta e ci incoraggia anche quando deve rallentare per noi. Le strade sono un continuo scollinare, ma questo assume un fascino particolare: ti aspetti sempre un paesaggio nuovo, raramente però accade.
Torniamo a Brodie Ireland: siamo nel sobborgo di Ballara. Cerchiamo un campeggio con internet, ma rispondono solo segreterie telefoniche. Tutto chiuso. Ormai decisi a trovare un posto nei pressi del parco nazionale, siamo soccorsi da due volenterosi che ci vedono preoccupati e ci indicano un campeggio a 100 metri.
Avanziamo nel buio pesto: sulla porta della reception un numero. Chiamiamo. Ci risponde con voce assonnata Arc, spieghiamo la situazione. Il suo inglese è troppo difficile e veloce. Bob chiede disperato: “Yes or not for this night?”. Arc risponde presto yes. Piantiamo le tende. Notte serena, bella dormita. Al mattino arriva Arc proprietario della struttura e ci saluta con un: “Are you yes or not?” ridiamo. Paghiamo, foto di rito e ripartiamo felici: la prima è andata. Dopo una pedalata indimenticabile arriviamo al crepuscolo a Mooloolaba. Nuovamente troppo tardi per cercare una sistemazione in tempo.
Bob, stremato, si stende su una delle innumerevoli aiuole ai margini delle case che i proprietari tengono in perfetto ordine, anche se suolo pubblico. Dimenticavamo: lungo il tragitto innumerevoli punti sosta e aree gioco per bimbi con servizi igienici, acqua potabile fresca, panchine e ombra. Veniamo avvicinati da un signore gentile che viaggia con suo figlio di circa 10 anni. Si chiama Tim English e ci invita a casa sua.
Oltre che costruttore, è un ciclista militante da grandi distanze, ha percorso la rotta Perth Adelaide in due settimane, con tratte giornaliere di 200 km nel nulla di Nullarbor, dove esiste il tratto ferroviario rettilineo più lungo del mondo: 600 km senza una curva. Intorno nulla. Ha una bici stratosferica e una casa molto bella. Ci offre una squisita ospitalità, ci rifornisce di barrette energetiche e altro ancora; parliamo a lungo delle nostre comuni anime viaggianti. Poi doccia e nanna.
Al mattino colazione super, e poi breakfast anche in centro per salutarci. Tim deve raggiungere il figliolo, ma prima ci guida da un meccanico per la sostituzione del movimento centrale della bici di Bob che gratta in salita. Che fortuna. Niente male come iniezione, compreso il clima che è primaverile. Dopo una ottantina di km arriviamo a Noosa e prendiamo residenza in un camp site indicatoci da due signore dell’Info point (volontarie), che si offrono con pazienza biblica per trovarci una sistemazione per la notte (Tevantin Ingenia Holidays Noosa). Una volta entrati ci accoglie un ambiente bellissimo, diremmo esotico, con palme e vegetazione subtropicale. Conosciamo una ragazza di Milano che ha deciso di vivere in Australia. Usa il camper come casa e si guadagna da vivere facendo la cameriera. Purtroppo non la incontreremo più perché probabilmente lavora di notte e di giorno riposa. Una nota: qui fare campeggio è una vera religione.
È roba da ricchi. Le caravan camperizzate sono trainate da ciclopici fuoristrada armati di pesanti bull bar; le caravan, va molto il nero, somigliano a vecchi tank della prima guerra mondiale.
Ripartiamo da Noosa alla volta di Tin Can baby dopo aver costeggiato un parco naturale infinito e incontrato solo tre canguri. Non finiva più. Strada bianca, rossa, verde, grigia in un paesaggio quasi alpino. Intorno a noi è tutta una distesa di macchia locale e pini.
Procediamo sbattuti lungo una strada tagliafuoco. A notte arriviamo in città. Di nuovo buio pesto. Rifugiamo sotto la tettoia di un istituto religioso disabitato. Una fortuna perché quella notte è arrivata la pioggia. Un po’ “sudati” decidiamo di ripartire all’alba. Proposito azzeccato. Ci fermiamo in un’area super attrezzata lì vicino per una colazione e un po’ di sanificazione. Intorno a noi i primi avventori. Il viaggio verso Hervey Bay è di 118 km. Campagna e farm ovunque. Molti ci salutano. Folle di mucche, incredibilmente senza corna, pascolano libere su enormi distese ai margini della strada. Indifferenti a tutto il rumore, quando passiamo noi si girano tutte incuriosite e ci fissano ferme. Sembra di vivere in un quadro che guarda i suoi osservatori. Ci si mettono anche i cavalli. Ci poniamo qualche interrogativo.
Troviamo posta in un campeggio in riva al mare. Non pare vero. Bob, stremato, non parla più nemmeno l’italiano. Lio risolve tutto. E finalmente le tende sono pronte. Al mattino una gentile signora, un tempo viaggiatrice che ora si prende cura del marito anziano, ci fa assaggiare il miele che produce dai fiori di macadamia. Molto salutari sia l’ assaggio sia la conversazione. Oggi finalmente bucato. Sono le 9.18am e in Italia le 00.18 di domenica 5 novembre.
Domani tentiamo Freser Island, dove i ragni più letali affollano le bellissime spiagge.
(3. continua)