Due trentini nella Gold Coast: un passo indietro nel tempo
Roberto Bombardelli, nato in Australia e tornato bambino ad Aldeno, e Lionello Ravanelli, di Albiano, sono partiti per un viaggio che è anche un tributo ai tanti che cercarono fortuna in quella terra lontana. Ce lo raccontano con il blog "Effetto Boomerang"
PRIMA TAPPA L'arrivo e le prime pedalate
SECONDA TAPPA La città dell'eterna primavera
TERZA TAPPA Pedalando dall'altra parte del mondo
QUARTA TAPPA Un'isola spaziale
LA GALLERY/1 A spasso per Sidney
LA GALLERY/2 Brisbane, tuffo nel futuro
LA GALLERY/3 Tra spiagge e campeggi
LA GALLERY/4 Panorami incredibili
LA GALLERY/5 Magnetic Island
TOWNSVILLE. Magnetic Island è un’isola a 20minuti di battello d Townsville; battello che afferriamo al volo appena scesi dal Coach che ci ha trasportati qui, dopo un tragitto di fermate per far salire e scendere i passeggeri, ma anche per esigenze improrogabili.
Magnetic Island: che dire… se Brisbane ci era parsa la città del futuro, qui sembra di essere tornati indietro nel tempo. Cogliamo il tutto in maniera positiva. In perfetto equilibrio vivono umani, tartarughe e tante specie di uccelli, nonché i padroni di casa, Koala e canguri, secondo il consolidato immaginario comune imparato dal sussidiario; ma anche volpi volanti da un metro di apertura alare, che fortunatamente si nutrono solo di frutta, parrocchetti multicolore e uccelli stranissimi, con i quali ci imbattiamo nell’area dove abbiamo montato le tende.
Siamo al Camping Selina. Un Kookaburra ci prende in simpatia e un altro strano uccello, poco più alto di un pollo ma allampanato e con un verso che ricorda un reattore d’aereo, ci vola sopra da farci abbassare la testa; poi ci si abitua a tutto. In giro niente serpenti o bestie letali e nemmeno zanzare. Al campeggio di Selina, dove resteremo quattro giorni, stupiscono i suoni della natura: chiunque vorrebbe sentirli in sottofondo, perché infondono pace e tranquillità.
L’isola è costellata di baie, insenature, spiagge e percorsi immersi nella natura, rispettosi dell’ambiente e segnalati in modo chiaro. C’è pure un bellissimo punto di osservazione in cima ad un’altura, costruito durante il secondo conflitto mondiale per difendere l’isola dalle incursioni dei giapponesi. Si potrebbe parlare a lungo di questo luogo, crediamo che le fotografie possano farlo meglio. L’unico neo è la presenza di pericolose meduse in alcune stagioni. Prestiamo la massima attenzione in acqua. Il campeggio di Selina è immerso nella foresta. È frequentato da centinaia di giovani ragazze e ragazzi, tra i 20 e trent’anni.
Si sentono parlare molte lingue. La sera il campeggio si trasforma: luci soffuse e colorate contraddistinguono le varie aree; il bar con piscina e musica in un clima festoso da soft party, atmosfera fine anni ottanta, che a Bob ricorda qualche scena di film tardo Hippy. In un’area destinata a cucina, osserviamo tutto questo, anche con nostalgia dell’età in cui tutto è ancora da scoprire e la vita appare un inedito inizio d’avventura. Tuttavia, questi giovani sembrano risoluti e decisi. Molti sono qui per l’anno Work and Holiday: un anno di vita speciale concesso dal governo Australiano; sei mesi si lavora e sei si viaggia per il continente.
Se è pur vero che a questi giovani sono spesso riservati lavori di varia manovalanza, alcuni di loro partono dal loro Paese con delle qualifiche certificate e arrivano a guadagnare anche 4500 dollari al mese. Mica male. Lasciata l’isola, che salutiamo come se fosse diventata un’amica, ripartiamo verso Cairns con le nostre biciclette stracariche. Lungo il percorso ci fermiamo qualche ora a riprendere fiato (si pedala con 35 gradi); a Ingham, pedalando tra paesaggi sconfinati di canna da zucchero, incontriamo Michael, un ragazzo comasco poco più che ventenne. Simpaticamente si intrattiene con noi nel fast food dove ci siamo rifugiati per il caldo e da dove possiamo vedere le nostre biciclette parcheggiate. Con Michael i nostri racconti di viaggio si intrecciano in un confronto che ci conferma l’idea che ci siamo fatti di questo Paese di forte contrasti.
Ci dice, fatto assolutamente secondario, che spesso gli italiani sono scambiati per francesi (?)…strano ma vero. Attualmente lavora in Work and Holiday come addetto ai cocktail in un bar e guadagna bene, tanto da potersi permettere un’auto. Ogni tanto, ci racconta, ha nostalgia di casa, della famiglia e dei nonni, ma affronta la vita con ottimismo e terminata l’esperienza australiana vuole tornare a casa, per poi magari più avanti venirci ancora in Australia, dove ha stretto delle amicizie. Abbiamo parlato delle nostre famiglie; del carattere un po’ chiuso dei “puri Aussie”, della loro passione per la birra, e di tanto altro. Veramente un caro ragazzo. Attraverso le nostre narrazioni personali il divario di età si neutralizza. Un incontro molto bello. Decidiamo di riprendere la strada fino a Cardwell, percorreremo 108 km. È già notte quando si arriva in campeggio.
È un piacere montare le tende, farsi una santa doccia e godersi una cena a base di ottima carne accompagnata dallo Shiraz. Un’ennesima squisita occasione. Il giorno successivo, Tully. È una cittadina una località nella regione di Cassowary Coast, a circa 140 km a sud di Cairns. Cittadina molto attiva con un’alta percentuale di popolazione nativa (che qui per la prima volta ci pare ben integrata) è famosa per il suo enorme opificio di lavorazione della canna da zucchero. Vagoni e vagoni di raccolto grezzo entrano lentissimi nello stabilimento dal quale spiccano due enormi ciminiere che emettono vapore. Tra il caldo tropicale, la fatica della pedalata e il vapore, pare di essere in un bagno finlandese; il cielo di un azzurro smeraldo costellato di piccoli cumuli all’orizzonte ti ripaga di ogni fatica. Le persone sono cordiali e si incuriosiscono intorno al nostro viaggio. Ci chiedono da dove veniamo e sulle strade i camionisti ci salutano e ci incoraggiano.
Che bello. La cosa che ci è parsa più pazzesca di questa città (in realtà un “paesone”) lo si può notare all’ingresso del paese: il Golden Gumboot. Si tratta di un costruzione a forma di stivale di gomma alta esattamente 7,9 metri, altezza chec corrisponde “alla più alta piovosità annuale in un'area popolata dell'Australia, che si è verificata a Tully nel 1950.” ( come da Wikipedia). Ci si può salire e all’interno varie testimonianze della alluvione del ‘50… ma il tutto esposto come se si fosse trattato di un evento normale. Niente di tragico. Sappiamo di altre amenità australiane come la “Big Banana, la “Big Frog” ma il monumento allo stivale di gomma le batte tutte. È così incredibile che ci passiamo davanti alcune volte prima di accorgerci del monumento.
Agli australiani non mancano il senso dell’ironia e la capacità di celebrarsi anche mediante cose che nel vecchio continente, più serio e monocolore, sembrerebbero un po’ Kitsch; ma agli australiani piacciono troppo le abbreviazioni, la birra, la puntigliosa attenzione alla sicurezza, e,quando non lavorano, l’informalità, come nel vestirsi o per l’andare in giro preferibilmente scalzi. Tratti identitari che sembrano dirti: quello che conta sono i risultati e il resto è pletorico. Un luogo simpatico.
Nel tardo pomeriggio raggiungiamo Cairns, piena di vita e colori.
(5. continua)