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In bici attraverso l'Islanda: aurora boreale

Grandi spazi selvaggi; sullo sfondo, il fronte imponente del ghiaccio. Una tortura per le bici
LA GALLERY/1 Una natura spettacolare
LA GALLERY/2 Tra geyser e cascate
LA GALLERY/3 Ghiaccio
PRIMA PUNTATA Di nuovo in sella
SECONDA PUNTATA «Ma che ci facciamo qui?»

TERZA PUNTATA Verso sud-est sulla A1

Il campeggio di Skaftafell è situato praticamente ai piedi del ghiacciaio. Base ideale per escursioni. Itinerari per tutti i gusti. Con il sole in poppa, Luca, Lio ed Enrico partono a “spron battuto”.

Grandi spazi selvaggi; sullo sfondo, il fronte imponente del ghiaccio. Una tortura per le bici. Sentieri ben tracciati ti ricordano che la vita è breve se la prendi troppo alla leggera. Al campeggio i cartelli di alert ti ammoniscono sui rischi del trekking sul ghiacciaio. Nondimeno bisogna stare attenti anche in bici. Troppo facile finire per terra. Sentieri di ghiaia grossa, salti, muschio insidioso, percorsi tra la vegetazione di betulle che qui paiono bonsai e guadi di piccoli torrenti mettono a dura prova le gambe e le povere bici che comunque ritornano salve e contente. Oche, pernici e cigni guardano curiosi e senza paura si fanno fotografare; come in posa.  

In bicicletta nell'incredibile natura d'Islanda/3

Il 10 maggio sarà un giorno da ricordare particolarmente. Metà Italia è interessata dal fenomeno aurorale. In Islanda niente. Il 10 maggio in Islanda nebbia e pioggia e vento. Siamo a Djúpivogur, una cittadina di 590 anime. Scriviamo cittadina perché, rispetto a tanti altri luoghi che incrociamo sul percorso, sembra una metropoli.   Lasciata la zona glaciale del parco nazionale di Skaftafell in direzione Höfn, avevamo fatto sosta aBreiðamerkursandur. Da non credere: sulla spiaggia di sabbia nera, arenati sul bagnasciuga, migliaia di piccoli iceberg che luccicano anche se piove e il cielo è grigio e nebbioso. Sembra un sogno. Le formazioni di ghiaccio sulla spiaggia sono talmente luminescenti che paiono brillare di luce propria. A pochi metri nuotava una foca che Enrico riesce a riprendere fugacemente. Scendono nel mare dal lago Jökulsárlón, il più grande lago glaciale d’Islanda. Jökulsárlón è una distesa di iceberg con gradazioni di colori che vanno dal bianco del ghiaccio, al nero dei detriti, ad un azzurro intenso ed a tratti smeraldo acceso.

La chiamano anche Diamond beach; non capiamo perché  sulle mappe sia riportata in lingua inglese. Il traduttore direbbe demantsströnd. Comunque, non riusciamo a distogliere gli occhi da questo scenario incredibile, quasi fiabesco. Sono molte le auto, i pullman e i camper parcheggiati nel grande parcheggio. Proviamo ad immaginare come sarà nel mese di luglio. Per un momento siamo compiaciuti per il freddo e per l’umidità. Ci siamo sentiti un po’ anche noi turisti di massa, mentre pagavamo il parcheggio alla cassa automatica. Come al solito pioveva. Si procede verso sud-ovest. Il campeggio di Höfn è all’inizio della cittadina che conta circa 1600 abitanti.

Ci si accede senza alcuna procedura. Non ci sono cancelli e barriere. Un piazzale con colonnine elettriche qua e là e niente altro. Questa modalità d’accesso alle aree campeggio è consuetudine qui al Nord. Prima ci si sistema e poi si pensa al resto. In alcuni camping, è un operatore che raggiunge il campeggiatore a qualche ora per formalizzare. Non servono documenti, caparre e braccialetti di riconoscimento. Tutto facile. Al mattino nebbia, ma piove appena. Bob è un po’ indisposto. Luca, Enrico e Lio vanno avanti e Bob li raggiungerà lungo il percorso con il camper. Intanto si fa un giretto per Höfn, lungo una pista ciclabile che costeggia il mare. Il Paesaggio è sempre moltosuggestivo. Al mattino, neanche a farlo apposta, piove. Ci dividiamo in due gruppi: cascata e ghiacciaio. Un sentiero porta Luca ed Enrico alla cascata (ancora cascate); un altro conduce Lio e Bob verso il ghiacciaio che si sta fondendo. Crepacci e propaggini di ghiaccio regalano un paesaggio pieno di forme smussate. Ruscelli ad ogni dove. Si riparte. La strada A1 lambisce la costa tra lagune e montagne che si bagnano nel mare, faraglioni e montagne che ricordano la trilogia di Tolkien. I paesaggi cambiano rapidamente. Ci sono pure le renne. Che vorresti di più? A Djúpivogur ci sistemiamo in una graziosa area campeggio in cima ad una collinetta. Il villaggio è veramente pittoresco e tutto qui sa di tranquillità.

Un giro di perlustrazione: pescherecci ormeggiati, case coloratissime e una curiosa installazione con decine di uova di pietra di varie dimensioni; ognuna diversa per dimensione e colore della roccia, tutte su un uguale piedistallo con una targhetta con il nome di un uccello autoctono. Lì vicino, il giardino dellacasa di un artista, pieno di strane rappresentazioni e all’ingresso due scheletri di balena a fare da benvenuto. Strano posto, ma si respira un buon clima. Aspettiamo a coricarci, dopo una cena nell’accogliente cucina/soggiorno del campeggio. Ma proprio all’ora che sarebbe da aurora boreale (seconda puntata) il cielo si chiude. Piove. Persa pure questa. E vabbè… A Seyðisfjörður ci arriviamo il 12 maggio, dopo aver valicato una zona completamente innevata. C’è il sole. Un incantesimo di neve costellata di laghetti di fusione color smeraldo. Il centro abitato, qualche centinaio di abitanti che sembrano nascondersi, è gradevole e colorato.

Si decide per un’escursione in bici verso la punta del fiordo, lungo un tracciato ghiaioso. Ci sono foche, che Luca riesce a fotografare da lontano, e puffin.Ma di questi curiosissimi animali parleremo la prossima puntata.

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