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Da Hanoi a Saigon: cinque amici in bici / 3

Cronache di un viaggio che è anche tributo: da nord a sud del XVII parallelo, segnato ancora dagli echi della storia

LA GALLERY/1 I colori di Hanoi
LA GALLERY/2 Bici, fiumi e...
LA GALLERY/3 Un Paese in festa

È un viaggio veramente effervescente. Il Tet, il Capodanno vietnamita. Un momento giusto per capitarci. 

Una gioiosa eccitazione generale si manifesta in tanti modi. La città è agghindata a festa; migliaia di Led colorati, anche attorno agli alberi, ovunque. Offerte votive davanti ai negozi e fuochi accesi lungo le strade, dove si bruciano mazzette di fogli di carta, come segno di devozione e buon augurio. Qua e là persone impegnate a pregare; lungo i corsi d’acqua, o vicino a laghi, ragazze adolescenti si fanno fotografare in abiti tradizionali. 

La giornata era cominciata con la pioggia all’arrivo alla stazione di Hue, dopo una notte in treno e dopo aver digerito “l’atteso imprevisto” del 28 gennaio del transfer delle bici. Gente curiosa ci avvicina per chiederci e darci supporto. Mentre togliamo le bici (smontate) dagli ingombranti contenitori (cartoni che vanno letteralmente a ruba in pochi minuti), attraiamo l’attenzione di una blogger cinese che ci filma con il suo smartphone. Le diciamo di non farsi premura e di avvicinarsi e ci presentiamo. Lei ha un nickname, Meowarriwer, gira il mondo con il suo boy-friend in bicicletta e ha un canale ricchissimo di video. È di una simpatia rara e ci invita a visitare il sud della Cina, dove abita. 

Destinazione Saigon in bici/3

Ci scambiamo i riferimenti social. Una foto, un video e poi ci salutiamo; chissà! Intanto la pioggia non demorde e in pochi minuti si volatilizzano i cartoni… Raggiungiamo l’hotel, ci sistemiamo e usciamo dirigendoci verso la zona dell’antica cittadella imperiale, lasciando le bici in un apposito parcheggio a pagamento. Il luogo è veramente magnificente da visitare, mentre la città di Hue, di primo acchito, non sembra offrire un granché da un punto di vista architettonico. Già nelle prime ore della serata del 28 gennaio, i giovani si assiepano in locali a metà tra un ristorante e una sala da ballo, con musica pop sparata a mille e con sub-bassi che si ripercuotono. 

Molti di questi locali sono spalancati sulla strada; all’interno ballerine animano la folla su un palchetto vicino al disc jockey. Passiamo avanti (l’età è tarda), anche se l’andatura si fa un po’ swing, pur senza volerlo. Entriamo in un ristorante e un ragazzo gentile ci accoglie in un perfetto inglese (da far invidia ai boomer) e ci informa preventivamente che sarà applicata una percentuale del 20%, proprio perché quest’oggi è l’ultimo giorno dell’anno. Inizialmente ci sembrava intendesse il 20% di sconto, entriamo lo stesso, mentre fuori la festa comincia ad infiammarsi, specialmente nei ristoranti che magari al mattino erano delle officine o delle sartorie. Questa allegra confusione ci è piaciuta molto: un’aria positiva che coesiste nella baldoria collettiva, insieme ad un grande rispetto per le persone. Molti ci salutano e ci augurano Happy New Year e ci chiedono da dove veniamo. 

Ci sentiamo speciali quando diciamo from Italia (come dei rari Neanderthal ndr). La sera ci prepariamo per uscire. Anche nel nostro hotel si allestisce un tavolo di offerte agli antenati; c’è proprio di tutto: dal cibo di tutti i giorni a curiosi manufatti in cartone dalle forme strane, da incenso acceso a latte condensato aperto, frutta e verdura e molto altro. I primi scoppi sono già nell’aria. Per terra una specie di pop-corn colorati sparsi in modalità rituale; le persone non hanno problemi a farsi vedere pregare per strada. Tanti ci salutano, non si può assolutamente passare inosservati; è come se fossimo fluorescenti. Il Vietnam è proprio un buon posto per curare la tristezza; con Xin Chào ed Happy New Year, al nostro passaggio, ci sentiamo riconosciuti e celebrati. Si ha l’impressione che siano partecipi della tua felicità e che la felicità sia molto diffusa. Certo, esiste la povertà e si nota anche più nei momenti di festa; però sempre meglio della povertà e dell’abbandono che talvolta osserviamo ai margini delle strade nelle nostre piazze occidentali. 

A mezzanotte, tutti lungo il fiume dei profumi (Sông Hương) e con lo sguardo all’orizzonte, verso la cittadella, dove ci sarà uno spettacolo pirotecnico. La gente è tutta fuori per strada anche se piove a dirotto. E, anche se piove a dirotto, con le ciabatte di plastica, per salvaguardare le scarpe. Il popolo si organizza in mille modi per far fronte alle intemperie e pensiamo che qui vi siano molto abituati, visto la stagione dei monsoni alle porte. In certi angoli della città ci sono bar e ristoranti sistemati sotto i nylon, con gli avventori seduti su piccoli sgabelli, modello asilo nido, in un vociare allegro di eccitazione. Camminando lungo la Promenade sul fiume, notiamo un assembramento sotto un ponte e, siccome piove e tira vento, ci omologhiamo anche noi, ma ci sentiamo perfettamente integrati. 

Lo spettacolo pirotecnico è anticipato da un corteo di pagode sul fiume, che trasporta la gente di fronte alla cittadella e potrà meglio osservare lo spettacolo di luci… che alla fine non è un granché: cielo plumbeo e pieno di smog che smorza un po’ l’effetto scenografico. Poi tutto si compie e la gente si tuffa in una città dove lo spazio vitale si fa sempre più piccolo, non c’è ombra di tensione o di disordine; il personale di sicurezza davanti ai locali, da noi notoriamente severo, ci invita gentilmente ad entrare e si fa fotografare. Stanchi morti, dopo una giornata iperattiva, torniamo in hotel. 29 gennaio: oggi è il primo giorno dell'anno lunare. In giornata un tour ciclistico nelle zone rurali adiacenti alla città. Anche qui un’accoglienza incredibile: continui saluti, gente che ci stringe la mano e che ci chiede da dove veniamo e come ci chiamiamo.

Ci capita molte volte che i bambini, mentre sfiliamo in bici, ci tendano la mano per “battere” il cinque. In giro per le campagne e in mezzo ai villaggi sono numerosissimi i mausolei, talvolta radunati in uniche zone per centinaia di metri, talvolta isolati qua e là e tutti ricamati con forme curatissime e colorate. E poi i templi; templi sempre più belli da non sapere se fermare la bici e fotografare o aspettarne uno ancora più soleggiante. Lungo la strada, facciamo finta di non vedere i cumuli di rifiuti e i resti dei falò che certo non fanno bella impressione al turista occidentale; per certi aspetti, la gestione dei rifiuti somiglia a quella fine anni '60 in Italia. Ci vorrà un po’ di tempo e probabilmente una nuova coscienza ambientale nel popolo vietnamita, così attivo e produttivo, ma che paga lo scotto dell’inquinamento e della gestione dei rifiuti. Si vede chiaramente lungo le strade: molte persone, specialmente quelle sugli scooter (che ospitano da una a cinque persone per volta), girano con una mascherina come quella usata durante il Covid. 

Di certo in Vietnam i problemi di salute non mancano, perché c’è una farmacia ogni 50 m. Altra nota controversa: le barriere architettoniche. Le città del Vietnam sono inaccessibili ad una persona con disabilità motoria. Abbiamo visto pochissime persone con disabilità girare per la strada. Sarebbe impossibile, perché i marciapiedi sono normalmente adibiti a parcheggi per le migliaia di scooter sfreccianti per le strade; peccato per questa nota stonata. La cultura dell’accessibilità non ha ancora permeato la coscienza urbana di questo popolo; diverso è nelle campagne, dove si possono osservare molte persone anziane affacciate sulle vie e bambini liberamente scorrazzare sul marciapiede. 30 gennaio: un lungo trasferimento in bici fino a Đà Nẵng. Ci sono quasi 120 km da percorrere e con le bici a pieno carico. Vista la lunghezza del trasferimento, si decide di fare dei tratti anche sulle principali arterie di comunicazione. Il traffico è veramente importante e lungo la strada, rifiuti a parte, non si può fare a meno di notare una quantità industriale di ciabatte e scarpette da bambino disseminate lungo il percorso: sono le calzature dei piccoli vietnamiti perse durante i tragitti in scooter, carichi di tutta la famiglia. 

Strano, ma vero! Il clima fortunatamente ci è amico e ci accompagna fino alla meta, che raggiungiamo la sera abbastanza provati, anche perché abbiamo bypassato un tratto vietato alle bici in galleria e superato un passo di 700 metri con un’umidità del 90%. In cima si tira il fiato, ci si cambia gli indumenti e poi giù a rotta di collo fino a Đà Nẵng . Trovare una sistemazione a Đà Nẵng è estremamente facile; è una città dalla vocazione turistica e lo era già al tempo della guerra in Vietnam. Questa zona apparteneva al Vietnam del sud ed era il luogo di elezione per i soldati americani in licenza. Dopo la guerra la città si è trasformata e adesso ci sono grattacieli e ampi boulevard, pieni di ristoranti ed esercizi commerciali. Venerdì 31 gennaio. Usciamo alla ricerca di un negozio di biciclette: abbiamo bisogno di guadagnare due scatoloni, poiché fra tre giorni Enrico e Luca voleranno fino a Saigon, per poi ritornare a Milano. Purtroppo il loro tour vietnamita finirà il 3 febbraio. Chi rimane continuerà la strada anche per loro. 

Sigh! C’è il sole e la temperatura è già sopra i 25° alle 8:30 di mattina. Sembra che oggi (il terzo giorno del nuovo anno), sia il giorno dedicato agli insegnanti. Forte! Bob, molto stanco, ha bisogno di una pausa legamenti. Così rimane in città, mentre gli altri quattro si spostano a Hội An, un’interessante città ricca di reperti storici a 30 km a sud di Da Nang. A Đà Nẵng si respira un’aria di prosperità. La città ha un carattere commerciale turistico e dal punto di vista architettonico si fa notare solo per la presenza di grattacieli nei pressi delle spiagge: per arrivarci non ci si può esimere dal fermarsi ad ammirare il Dragon Bridge, un ponte con una enorme infrastruttura metallica a forma di drago, lunga più di 200 m. Poi le famose spiagge, citate in tutte le guide turistiche, i cui nomi probabilmente sono rimasti scolpiti nella memoria dei reduci americani in licenza dal fronte vietnamita: My Khe, My An, Non Nuoc. Pare ancora di sentire lontano l’eco delle bombe. E sarà probabilmente per esorcizzare le atrocità di quel conflitto che all’orizzonte si intravede, a pochi chilometri dal centro, l’enorme statua di Lady Buddha. Con i suoi 70 m, in cima a un promontorio ove svetta un enorme faro che guida i marinai al largo. 

Bianca di calce, abbagliante sotto il sole, con un sorriso serafico appena accennato (ricorda quello della Gioconda), dona un senso di pace. La salita al monumento è ripida e nella parte finale c’è una lunga scalinata che termina in una piazza piena di edifici di culto. È tutto molto curato e pulito. Migliaia di persone, specialmente famiglie con bambini, posano ai piedi della Lady Buddha. Al visitatore non è chiesto alcunché e il parcheggio è custodito e gratuito. Tornando verso l’hotel, lungo il bagnasciuga che si può percorrere anche in bicicletta tanto è compatto, in uno scenario da sogno, sono in molti stesi a prendere il sole sull’ampia spiaggia. Ci sono famiglie vietnamite in vacanza e il rumore dell’oceano sovrasta anche quello della trafficatissima città. Il mare è abbastanza agitato e, nonostante le bandiere rosse che esortano all’attenzione, sono in molti a fare il bagno. 

D’altronde qui a Đà Nẵng, e in tutto il Vietnam, di giorno e nel buio della notte tutte le bandiere sono rosse (ci pare Hegel? Ndr). Sabato 1° febbraio. Il gruppo si ricongiunge in mattinata ad Hoi An, una gradevolissima cittadina che ha qualcosa di tradizionale (abitazioni non molto alte che ricordano lo stile veneziano), ma la cui vocazione è chiaramente turistica. Hội An è famosa per le sue lanterne. Lungo le sponde del fiume che la percorre, la sera, si accendono migliaia di lanterne colorate e centinaia di turisti si fanno trasportare su imbarcazioni che ricordano le gondole veneziane, perlomeno nel modo in cui sono governate con un unico remo. L’indomani il viaggio riprenderà per Bob, Stefano e Lionello, verso sud. Una pedalata stimata di una settimana, di 500 km fino a Nha Trang. Luca ed Enrico in senso contrario per 30 km fino a Đà Nẵng, dove li aspetta un volo per Ho Chi Minh e poi uno verso Milano Malpensa… ma non demordiamo e cominciamo già a pensare alla meta per il prossimo viaggio, insieme nel mondo.

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