Rsa, gli errori della Provincia
Rsa, gli errori della Provincia
Troveremo il tempo, spero presto, di fare alcune riflessioni sulla nostra assistenza sanitaria, sulle nostre consuetudini, sul senso comune e sul buon senso con cui guardiamo alle cose collettive e al bene comune.
Ma credo si possa fino ad ora, mettere in fila alcune considerazioni come memoria affinché non si ricommettano gli stessi errori che ci hanno messo in difficoltà in questo tragico frangente. Innanzitutto, quanto conta avere un servizio sanitario nazionale che funziona, pubblico e che garantisca a tutti lo stesso diritto alle cure; non gratis, ma molto costose, solo pagate dalla fiscalità generale (a proposito del pagare o meno le tasse). O è preferibile il sistema americano dove decine di milioni di persone non potranno curarsi perché non hanno i soldi per permetterselo?
Chiediamoci come una epidemia come questa potrebbe essere affrontabile con un sistema sanitario privato, se non al prezzo di decine di migliaia di morti, forse con centinaia di migliaia di morti, con interi settori sociali spazzati via a causa dell’esclusione dalle cure. In tutti questi anni abbiamo fatto troppi tagli alla sanità, con la scusa di ridurre gli sprechi si sono ridotti i finanziamenti in maniera spropositata; si sono tagliati gli investimenti, è stata diminuita la spesa per la formazione con conseguente insufficienza di personale e medici, si è ridotta e depotenziata la prevenzione. Molti dei problemi e delle difficoltà che abbiamo avuto nell’affrontare la pandemia attuale derivano da queste scelte fatte nel passato.
Va riconosciuto come all’inizio, si sia impiegato un po’ di tempo più del dovuto a considerare la gravità della situazione e, come non si siano comprese in tempo le caratteristiche e il pericolo di questa nuova influenza. Si è pensato che era cosa lontana, affare dei cinesi, e poi si è pure pensato che non era tanto grave, colpiva mortalmente quasi solo i vecchi già malati, questo lo si è anche detto, tradendo quanto avvenuto poi sul campo. Perché è avvenuto davvero che i vecchi siano stati colpevolmente considerati pazienti di serie B, figli di un dio minore, e la loro perdita tutto sommato un male accettabile. Era evidente fin dall’inizio che se il virus avesse cominciato a diffondersi, le case di riposo sarebbero state il fronte più avanzato della malattia e dove ci sarebbero stati più danni, più decessi; nonostante questo si è temporeggiato, minimizzato l’allarme che pure veniva dalle Rsa, addirittura si è polemizzato sulla necessità di mettere in atto azioni di prevenzione di contrasto come venivano richieste dalle strutture coinvolte fin dall’inizio.
Il virus ha messo in evidenza tutta la debolezza del sistema residenziale per i non autosufficienti, mi auguro che si possa ragionare sul tema dell’integrazione socio sanitaria perché così nonostante i grandi sforzi messi in campo la situazione non è buona. Ma per tornare alla gestione della pandemia le Rsa andavano subito chiuse e messe in sicurezza, Provincia e Apss le avrebbero tenute aperte anche dopo il decreto del governo, ed in polemica con le strutture avrebbero consentito le visite dei famigliari. Si è consentito per settimane che anche in presenza ormai diffusa del virus vi fossero nelle Rsa nuovi ingressi di ospiti, la direttiva di sospendere i nuovi ingressi è arrivata dalla Provincia 10 giorni dopo la protesta delle strutture. I dispositivi di sicurezza per il personale da noi subito richiesti ed indicati come presidio per salvaguardare la salute del personale e proteggere i nostri ospiti, sono arrivati a singhiozzo in ritardo e sempre con grandi difficoltà. Si è aspettato più di un mese per occuparsi seriamente della cosa e dare una mano alle strutture, ma quando ormai la situazione era scappata di mano; non servono le polemiche né l’enfatizzazione dei limiti, ma occorre ragionare senza ipocrisie sul perché si è arrivati a questa situazione.
E non è onesto nemmeno giocare con i dati per alleggerire la situazione; i numeri dei positivi, degli ammalati e dei decessi sono diversi da quelli dati dalla Giunta Provinciale de dall’Azienda sanitaria; i nostri rilevati sul campo sono decisamente maggiori. Se molte cose non erano prevedibili altre si potevano prevedere, che le case di riposo fossero il fronte più delicato della pandemia era del tutto prevedibile eppure gli allarmi non sono stati ascoltati e per settimane sei è lasciato che la situazione nelle Rsa, del tutto inadeguate a gestire un contagio come questo, venisse affrontata contando solo sull’abnegazione degli operatori. È dovuto passare un mese per avere nelle strutture degli esperti che potessero dare indicazioni terapeutiche e farmacologiche utili alla cura dei nostri pazienti.
Ci sarà poi da ragionare sul grande tema del personale e più in generale delle risorse necessarie a far funzionare al meglio il servizio della residenzialità. Per il personale, medici, infermieri, operatori, oggi gli chiamiamo angeli, eroi
ma fino a ieri erano guardati con sospetto o comunque non ci si preoccupava certo di metterli nelle condizioni migliori per svolgere il loro difficile lavoro. Per quanto riguarda le risorse, in questi anni sono continuamente diminuite, riducendo anno dopo anno i finanziamenti, sia per gli investimenti sia per il personale, tirando su ogni cosa, standardizzando le prestazioni oltre il lecito, non volendo riconoscere che prendersi cura dei nostri anziani è una cosa più complessa che curarli.
Nelle Rsa non si erogano solo prestazioni sanitarie sempre più complesse fra il resto, ma si prendono in carico persone nella loro fase più delicata della vita; tenendo ben presente la necessità di garantire dignità, identità e rispetto umano non possono mai venire meno e non può essere contata in minuti e valutata in denaro. Nell’affrontare la ripresa occorrerà essere consapevoli dell’impegno che ci aspetta; nel Basso Sarca e Ledro il sistema è stato messo in ginocchio, il tema della riapertura degli ingressi e del contenimento del virus avrà forse bisogno di strutture intermedie nuove, ma è evidente che occorrerà pensarci con risorse aggiuntive rispetto alle attuali. Provincia e Azienda sanitaria non possono pensare di affrontare un tema così complesso facendo leva solo sulle scarse risorse attuali delle nostre Rsa.