Caro Fugatti, proviamoci anche noi: screening di massa in Trentino

di Alberto Faustini

Caro presidente Fugatti, posso farle una proposta? Ora che i medici l’hanno finalmente liberata, adesso che è nuovamente nel magico ma purtroppo sempre precario mondo dei negativi, perché non osa spingersi fino a  Bolzano per mettersi accanto a chi - con mascherina e rispettando le distanze -  è in coda davanti alle scuole per il grande screening di massa organizzato dal suo collega Kompatscher? Percepirà un clima nuovo. C’è sempre chi si lamenta (anche per colpa del freddo), ma tutti gli altri - che sono tantissimi - vivono questo momento come un dovere piacevole. Pare un ossimoro, ma non è così. In queste ore, in Alto Adige, piacere e dovere coincidono: è infatti bello, senza spendere un euro, poter sapere finalmente se si è positivi o negativi, com’è bello - per le tante persone che hanno accettato la sfida lanciata dalla Provincia di Bolzano -  essere un frammento della grande fotografia che consentirà a un territorio di fermarsi per poi cercare di ripartire. Da Salorno in su, per dieci giorni - salvo complicazioni, come si dice in questi casi - si dovranno isolare tutti i positivi. Ma gli altri potranno ritrovare un po’ d’ottimismo, continuando ovviamente a rispettare tutte le regole. E in poco più di una settimana l’Alto Adige rosso (sanitariamente parlando) potrà sperare di rimettersi in moto. Magari persino tirando un minuscolo sospiro di sollievo prima di un Natale che è diventato uno spartiacque affettivo, ma anche economico, sociale, psicologico. Presidente, lanci il cuore oltre l’ostacolo: proponga anche a noi trentini un test antigenico collettivo. Ci liberi da paura e incertezza, dall’assenza di un punto d’arrivo definito. Come continua a ripeterci il filosofo Galimberti la paura è sana: perché non ci fa sbagliare; perché ci costringe ad una certa attenzione. L’angoscia è invece devastante: perché si riempie di imprevedibilità. La paura è insomma razionale, mentre l’angoscia è irrazionale. E lo screening altoatesino è - insieme ad una gigantesca operazione di buona sanità - una porta blindata che argina ogni angoscia. È una ripartenza. Quasi un azzeramento. Un patto di riconciliazione fra istituzioni e cittadini. Di qui l’adesione di volontari pieni d’entusiasmo, di un mondo sanitario che non ha paura di una fatica trasformatasi in tassello di un mosaico di disponibilità, di solidarietà, di vicinanza. Di qui la grande partecipazione di quasi tutti gli abitanti. Certo, è una festa anomala, a tratti struggente - perché troppe persone sono morte prima, uccise da questo dannato nemico invisibile -, ma è un momento finalmente pieno di vita, di voglia di domani, di sana speranza, di timidi sorrisi. In piazza, c’è un capitale civico solido. Persino stupefacente per la sua dedizione. Persone che non vanno al seggio per votare, ma per votarsi a una causa nobile: per offrire una disponibilità individuale che diventa impresa collettiva.

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