Cavit, vittoria al TarSul muro comitato ko
I giudici, rispetto alla ormai famosa Tavola 14, rilevano: «Non ha viziato la decisione del consiglio comunale». «L’istruttoria svolta sufficiente a fare comprendere quale sarebbe stato l’impatto ambientale della nuova opera»
TRENTO - La battaglia amministrativa al Tar contro il muro del magazzino Cavit di Trento si chiude con la vittoria del consorzio vitivinicolo. I giudici hanno infatti respinto il ricorso presentato dall'avvocato Maria Cristina Osele per conto di tre cittadini che risiedono davanti all'immobile. Al centro del contenzioso l'ormai celebre Tavola 14, l'immagine virtuale del progettato magazzino. Accertato che il rendering fosse un «falso macroscopico» si trattava di stabilire se - come sostiene il comitato - l'elaborato avesse inficiato la decisione del consiglio comunale. I giudici del Tar dicono di no: «Il Collegio non ritiene che tale elaborato abbia contribuito sotto alcun profilo alla formazione della volontà del Consiglio comunale che ha autorizzato la deroga».
Pubblico interesse
Secondo i ricorrenti vi erano anche dei dubbi sull'esistenza del pubblico interesse. Inoltre, non trattandosi di «intervento poco significativo», ritenevano fosse necessario il via libera della giunta provinciale. I giudici, però, rilevano che emerge «l'esistenza preminente di favorire lo sviluppo di un'attività produttiva e commerciale ritenuta assai rilevante per l'economia trentina» e che «la deroga non comporta alcun contrasto con la destinazione di zona».
Rendering
Tra le censure sollevate il difetto di un'adeguata istruttoria: «essendo mancato l'esame di un rendering o di altro strumento dimostrativo adeguato» - per i ricorrenti - non è stato né compreso né indagato, il «rilevante impatto sul piano estetico e ambientale» provocato dal nuovo magazzino. Proprio in relazione a questo punto era stata poi impugnata la tavola 14, la quale «avrebbe determinato un errore essenziale della volontà dei consiglieri, che non avrebbero compreso esattamente quale modifica di territorio si andava ad autorizzare in via di deroga». Dunque la concessione edilizia, per i ricorrenti, sarebbe stata data su presupposti non veri e il muro Cavit rappresenterebbe un abuso edilizio. A «cascata» era stata quindi impugnato anche la Dia, la dichiarazione di inizio attività per la variante (alla fine il muro è stato abbassato). Ma sul punto, pure rilevando che l'immagine virtuale presenta un ingombro «più contenuto rispetto a quello reale», i giudici sono giunti alla conclusione che essa non abbia inficiato la volontà del consiglio: «I consiglieri hanno votato a favore o contro la concessione della deroga in base alla loro propensione a valorizzare o meno rispetto alle obiettive esigenze ambientali il prevalente interesse pubblico (di tipo economico-occupazionale) dell'opera».
L'istruttoria
Proprio alla luce del dibattito in aula (del rendering non si parla e più di uno ne lamenta l'assenza) il Tar afferma che «il consiglio si è consapevolmente orientato sulla sola base degli elaborati progettuali, nei quali il volume, l'altezza proposta e la fronte del nuovo edificio erano stati puntualmente rappresentati, sicché deve dirsi che l'istruttoria svolta era stata in ogni caso sufficiente a far comprendere quale sarebbe stato l'impatto ambientale della nuova opera».
Flavia Pedrini