«Arrivederci amore ciao», quelli del Bruno salutano il Bruno
Il comunicato pubblicato sul sito dei ragazzi del Centro Sociale Bruno, mentre l'ex dogana viene abbattuto (nella foto di Andrea Parisi)
LA LETTERA
In questi giorni stiamo assistendo alla demolizione dello stabile ex Dogana che è stata la nostra casa per ben sei anni.
Dietro questo abbattimento si nasconde la mancanza totale di progettualità da parte della PAT rispetto alla riqualificazione delle strutture e degli spazi urbani. Senza entrare nel merito, in maniera esaustiva, tutta l'operazione immobiliare di permute e di incastri con privati, federazione delle cooperative e ISA (la finanziaria della curia), oltre ad aver prodotto un esborso notevole di risorse pubbliche, non è riuscito a mantenere le aspettative iniziali.
Aspettative che avevamo ampiamente criticato in origine, perché contrastavano ogni logica di urbanistica sostenibile, a maggior ragione nel momento in cui si sono rivelate promesse vuote in pieno spirito di marketing politico. Non possiamo fare a meno di notare che, a fronte della promessa di costruire scuole, centri tecnologici all'avanguardia e sedi per le piccole cooperative, nella realtà ci troviamo di fronte ad un elefante che partorisce il topolino: un parcheggio nell’area ex Dogana ed una spianata di calcinacci e polvere nello spazio dell’ex Italcementi.
L’assenza di prospettive da parte della politica locale si è mostrata in tutta chiarezza in quest’ultimo anno, ossia da quando abbiamo lasciato lo stabile e si è presentato in tutta la sua problematicità e drammaticità il problema del “degrado”. In una città come Trento, considerata tra le più vivibili in Italia, dove però manca completamente una politica seria sulla questione abitativa, com’è possibile che uno stabile così grande e centrale fosse lasciato in disuso, per poi intervenire in maniera così maldestra e frettolosa – come si sta facendo in questi giorni – utilizzando strumentalmente la questione del “degrado”?
Ma veniamo a noi.
Senza remore confessiamo un po’ di malinconia nel vedere la “Dogana” venire smembrata pezzo per pezzo. Per anni quelle quattro mura hanno accolto la socialità, l'aria di libertà e i pensieri ribelli dei tanti e tante che le hanno fatte vivere.
Siamo altrettanto emozionati nel vedere quante persone in questi giorni stanno esprimendo tristezza nel vedere l'abbattimento dello stabile e in particolare del suo bellissimo murales. Intensi ricordi riaffiorano e non può che farci piacere sapere che grazie ad un'occupazione - alla faccia di chi voleva lo sgombero ! – abbiamo potuto regalare sogni ed emozioni a così tante persone.
Dobbiamo però essere onesti: vedere questo stabile sbriciolarsi ci colpisce emotivamente, ma, per chi non è abituato a vivere di nostalgia, non scalfisce in nessun modo la nostra progettualità politica e sociale presente e futura .
Abbiamo sempre detto che un centro sociale non è fatto di muri e di cancelli bensì di idee, energie, progetti, socialità e pratiche del comune. Per questi motivi il centro sociale Bruno ha segnato, sta segnando e continuerà a segnare la storia di questa città.
Dal passato prendiamo le esperienze positive per lavorare nel presente, mettendo in gioco, come abbiamo sempre fatto, tutti noi stessi. Il centro sociale lo troverete sempre nelle piazze, nelle strade, nei quartieri e in tutta l’attività quotidiana presente all’interno del nuovo stabile, in via Lungadige san Nicolò 4. Da qui siamo ripartiti da marzo dello scorso anno raccogliendo la sfida di un nuovo spazio, per anni lasciato all’incuria e all’abbandono da riqualificare dal basso e restituire alla città.
Concludiamo con una nota a margine sul murales.
L’opera, conosciuta in tutto il mondo, già da tempo ha scatenato un dibattito nel mondo artistico e culturale e non solo. La nostra intenzione è sempre stata quella di consegnarlo alla comunità viva di questa città, insieme alle passioni ed alla voglia di costruire un mondo altro, che quel murales ha sempre rappresentato.
In questi giorni ha tenuto banco nella stampa locale la proposta di conservare un pezzo di quel murales in un museo cittadino. La proposta non fa altro che lusingarci, ma ci teniamo a dire che la” storia del bruno" non potrà mai essere musealizzata, perché sarà molto lunga e quel murales ne è solo l'inizio.
Le compagne e i compagni del Centro Sociale Bruno