Sciroppo da 590 euro per far riposare «Ale»
È l'unico sciroppo che aiuta Alessandra a dormire. Si chiama Nopron ed è un farmaco pediatrico vecchio come il mondo
È l'unico sciroppo che aiuta Alessandra a dormire. Si chiama Nopron ed è un farmaco pediatrico vecchio come il mondo. Il principio attivo è la niaprazina, sostanzialmente un antistaminico ma che produce effetti benefici anche sul sonno. In Italia non è più nei prontuari farmaceutici dal 2012. È fuori commercio anche in Svizzera e Francia (compresa anche la Repubblica di San Marino), reperibile solo nella farmacia del Vaticano alla modica cifra di 30 euro al flacone, che copre un fabbisogno di circa quindici giorni. Così Lorenza Marchetto, mamma di Alessandra, ha sfilato dal suo portafoglio la somma di 590 euro uno sull'altro, spese di spedizione comprese per una provvista di qualche mese. «Sono arrabbiata», dice. A buona ragione. «Ma lo sciroppo è solo un dettaglio», aggiunge. Già, perché la storia di Alessandra, 15 anni, che oggi abbiamo incontrato nella sua casa di Spera, spaziosa e calda come un abbraccio, è fatta di tanti piccolissimi pezzetti di tempo che per una parte stanno scritti in bella calligrafia a partire dal 2009 su un quaderno dalla copertina bianca che reca la scritta «Storia clinica» ma che incomincia nel cuore e nella ragione di questi genitori il 30 dicembre 1999.
Tra i capelli di questa bambina, affetta da paralisi cerebrale infantile, passano delicatamente le dita del suo papà Walter che la tiene accoccolata sul pavimento. Un gesto ritmico che somiglia ad una ninna nanna senza le parole. Insieme ad altri, che vediamo nella cura degli oggetti di casa, nella coperta calda che la avvolge, nei momenti di comunicazione intima in un linguaggio intellegibile. Nella passione per la cura, dolce e certa come la luce e il buio. Diametralmente differenti dal suono greve del silenzio in risposta alle richieste semplici di famiglie come quella di Alessandra che vivono ogni giorno un giorno, limitando la progettualità alle vacanze dell'estate e che si augurano solo di godere sempre di buona salute per prendersi cura dei loro figli e fratelli il più a lungo possibile.
Dall'ottobre 2013 mamma Lorenza sta contattando la segreteria dell'assessore Donata Borgonovo Re per un appuntamento. «È nella lista», le rispondono. L' incontro non servirebbe a battere i pugni sulla scrivania dell'assessorato per dire della spesa dello sciroppo, ad esempio, dei quattro mesi per ottenere una sedia a rotelle, delle battaglie contro l'indifferenza, della scarsa attenzione a certe problematiche di inserimento nella scuola o nell'offrire tempo utile nei limiti delle capacità per rompere la monotonia. Per l'indignazione tutta nella saccenza volgare di un medico che ha definito Alessandra una «paziente imbarazzante».
Niente di tutto questo. Lorenza vorrebbe solo suggerire all'assessore che per aiutare le persone disabili in modo giusto, c'è bisogno assoluto della collaborazione e della condivisione con chi la disabilità la vive sulla pelle propria e la porta tra le braccia con amorevole cura ogni giorno di tutta questa vita. «Le risorse e le leggi ci sono. Ma è tutto così poco organizzato. Non si può apprendere col passa parola e per un caso fortuito che è cambiata la normativa per mettere lo scivolo sull'auto col rischio di perdere i contributi», spiega Lorenza. Sfrondare la burocrazia per le richieste legittime degli ausili ma soprattutto informazione tempestiva sulle nuove regole, mutevoli a velocità vertiginosa, che sanciscono diritti e servizi alle persone affette da patologie invalidanti, racchiuse tutte in un elenco che va sotto il nome di «legge 104», facile da individuare, fatta di nomi e cognomi. Dare a tutti, anche chi non ha un computer e una istruzione adeguata, gli stessi diritti di conoscere per avere i servizi migliori. Per avere una vita migliore possibile. Nel mondo di Alessandra fortunatamente ci sono Lorenza, Walter e la sorellina Teresa che 24 ore al giorno hanno saputo prendere quanto di meglio si può pretendere dalla sofferenza. «Ha mosso in noi più pensieri e passi mia figlia che non parla e non cammina che qualsiasi altra persona al mondo». Nonostante la fatica: «È come arrivare in cima alla montagna. Chi ha deciso di rimanere in fondo non saprà mai quello che ha perso».