Trento a «rischio banlieue», immigrati poco integrati

Una città in cui l'integrazione degli stranieri è difficile. Questa la descrizione di Trento secondo l'indagine condotta dalla Fondazione Leone Moressa, resa nota ieri sulle pagine del Corriere della Sera. Non ce lo saremmo mai aspettati che un capoluogo di provincia come il nostro dove il volontariato e le iniziative a favore degli extracomunitari sono portati come fiore all'occhiello ricevesse questo giudizio tutt'altro che lusinghiero, eppure i dati parlano chiari. Secondo l'istituto mestrino Trento è il terzo capoluogo di regione in Italia (dopo Bologna e Trieste) dove l'integrazione sociale è più difficile: fatta 100 il livello medio di «precarietà sociale» italiano, Trento è a 123.


L'indice di «precarietà sociale» è stato elaborato sulla base di nove indicatori: incidenza delle donne sul totale degli immigrati, tasso di acquisizione di cittadinanza italiana ogni 1000 abitanti stranieri, incidenza di immigrati di lungo periodo (prima del 2006) sul totale, tasso di disoccupazione della popolazione straniera, differenziale Irpef versata dagli stranieri rispetto agli italiani, percentuale di autori stranieri sul totale autori di delitti, detenuti stranieri sul totale detenuti, incidenza dei servizi utenti «immigrati e nomadi» sul totale della spesa degli interventi servizi sociali, variazione della spesa servizi utenti «immigrati e nomadi» dal 2007 al 2011.
Sulla base di questo indice è stata definita una classifica delle città più a rischio: laddove si riscontrano scarsa inclusione socio-economica, forti differenze di reddito rispetto agli italiani, alti tassi di disoccupazione, alti tassi di criminalità e scarsi investimenti pubblici a favore dell'integrazione, si crea inevitabilmente terreno fertile per situazioni di disagio e conflitto.


«L'indice - viene spiegato nella relazione accompagnatoria - non misura dunque il rischio assoluto delle diverse città (che ovviamente dipende anche da fattori diversi: sociali, culturali e amministrativi), ma aiuta a comprendere dove gli squilibri tra italiani e stranieri sono più forti e dove possono determinare situazioni di esclusione sociale». Secondo la ricerca a Trento lo squilibrio tra cittadini «autoctoni» e immigrati sarebbe molto più forte che altrove e dunque più alto il «richio banlieue», cioè il pericolo che la popolazione peggio «attrezzata» metta in atto azioni di rivoluzione sociale. La stessa Fondazione Moressa, per altro, mette in evidenza che «nelle città del sud Italia, oltre ad una minor presenza di cittadini stranieri (e dunque minori difficoltà nell'integrazione), si trovano squilibri meno significativi tra la popolazione autoctona e quella immigrata. Al contrario, al Nord si registra mediamente un maggior divario socio-economico tra le due componenti, che aumenta il rischio di esclusione sociale degli stranieri».


In particolare l'indice di Trento viene penalizzato dal fatto che la popolazione italiana gode di livelli di reddito tendenzialmente più alto rispetto ad altre realtà nazionali e dunque il differenziale con gli stranieri è più alto. Ma ciò che pesa di più è il fatto che Trento vanta la percentuale più alta di detenuti stranieri sul totale: nel carcere di Spini i non italiani reclusi sono il 71,1% (media italiana 32,6%; Napoli 9,5%)

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