Bambina investita la «colpa» è del papà Automobilista assolto dall'accusa di lesioni
Automobilista assolto dall'accusa di lesioni
La bimba, di soli tre anni, era stata investita da un'automobilista in transito in Ztl. Ma la colpa di quell'incidente, per il giudice, non può essere imputata al conducente del veicolo, che si era visto sbucare la piccola all'improvviso e procedeva piano. Responsabile dell'accaduto, semmai, è il padre della minore, che - seduto al bar - aveva lasciato scorazzare da sola la figlioletta. Da qui l'assoluzione dall'accusa di lesioni personali colpose per l'automobilista.
La vicenda finita davanti al giudice di pace di Pergine Valsugana prende le mosse dall'incidente successo a maggio 2013 in via Pennella, a Pergine ( in foto ), in zona Ztl. Erano circa le 11.40 quando la bimba, secondo quanto ricostruito anche in sentenza, sbucando improvvisamente da un portico, era corsa in mezzo alla strada proprio mentre stava sopraggiungendo l'automobilista. La piccola era andata a sbattere contro il lato anteriore destro del veicolo e per fortuna, proprio perché l'auto procedeva piano, se l'era cavata con una prognosi di 7 giorni. Lo spavento, però, era stato forte e subito dopo era scoppiato un parapiglia. Il padre, infatti, si era scagliato contro il conducente con una veemenza tale da mandare in frantumi il vetro del veicolo. Per questo l'automobilista, assistito dall'avvocato Claudio Tasin, aveva denunciato il genitore per danneggiamenti e lesioni personali. Il papà della bimba, per parte sua, lo aveva a sua volta denunciato per le lesioni causate alla figlioletta. In particolare, all'uomo veniva imputato una condotta colposa - consistita in imprudenza, imperizia e negligenza - per avere transitato ad una velocità non adeguata per le condizioni del traffico, finendo così per urtare la piccola di soli 3 anni che stava attraversando la strada.
Diciamo subito che, in primo grado, il genitore è stato già condannato per avere mandato in frantumi il vetro del veicolo e per avere malmenato l'automobilista (sei mesi, ora impugnati in appello). Ora anche il giudice di pace di Pergine gli ha dato torto, ritenendo che non vi fossero elementi sufficienti per indicare una responsabilità in capo all'automobilista. «La dinamica del sinistro - si legge - consiglia di attribuire in via esclusiva alla vittima, nonché al di lei padre, la responsabilità di quanto accaduto». Il giudice ricorda infatti che «la piccola vittima, all'epoca di tre anni, era lasciata libera di gironzolare in un tratto di strada urbana a traffico limitato nei due sensi di marcia dal padre mentre questi trovavasi seduto ad un tavolo del bar posto sulla strada in centro». Dalle testimonianze assunte è emerso che «la minore sarebbe sbucata improvvisamente da un portico posto di fronte al bar ove trovavasi il padre, ad una distanza superiore a 8 metri, andando a sbattere contro il lato anteriore destro della vettura condotta dall'imputato che, a quanto riferito dai testi stessi, procedeva ad andatura moderata con la richiesta cautela in relazione al luogo percorso, potendosi avvedere esclusivamente all'ultimo istante della bambina appena sbucata dal portico».
Quanto alla versione del padre, secondo il giudice, essa non appare attendibile «in quanto non trovano riscontro nella natura dei danni e nel fatto che il veicolo si sia fermato immediatamente dopo il contatto». Così come non sarebbe vero che l'uomo prese a pugni il conducente solo dopo avere assistito la figlia. Per il giudice, quindi, poiché l'attraversamento della bimba, «lasciata vagare per la pubblica via completamente a se stessa», è avvenuto in modo «repentino ed imprevedibile», non c'è la prova sufficiente che l'imputato non abbia rispettato le norme del codice stradale.