Il priore di Bose: lo Stato riconosca le unioni gay
«La Chiesa non può avvallare il divorzio, ma se due persone non stanno bene assieme, e si avvelenano reciprocamente l'esistenza, è meglio che si separino. Diversamente, se due persone dello stesso sesso si vogliono bene e sono propense ad aiutarsi ed a sostenersi reciprocamente è giusto che lo Stato preveda una regolarizzazione del loro rapporto». A dirlo è stato Enzo Bianchi, priore della comunità monastica di Bose, intervenuto ieri nel corso dell'Assemblea pastorale diocesana. Dopo una lezione magistrale dedicata interamente al valore cristiano della misericordia, il religioso ha approfittato delle domande avanzate dagli uditori per intervenire su argomenti di grande attualità, quali la famiglia ed il divorzio, l'omosessualità e l'unione di coppie dello stesso genere.
«Dobbiamo chiedere scusa - ha detto Bianchi - alle famiglie per la presunta superiorità mostrata dai religiosi nei tempi passati: la vita di coppia è molto difficile, e noi dobbiamo essere in grado di riconoscere il grande merito di chi sceglie di costruire un nucleo famigliare. Tuttavia, in una realtà in cui tutto è precario, dal lavoro alle relazioni, non possiamo aspettarci che l'amore o la famiglia non lo sia. Su questo, però, non possiamo permetterci in alcun modo di giudicare, né, tantomeno, di escludere».
Anche sull'omosessualità il religioso ha invitato a non formulare giudizi o condanne. «Se Cristo nel Vangelo parla del matrimonio come unione indissolubile - ha chiosato Bianchi - nulla dice in merito all'omosessualità. L'onestà, quindi, ci obbliga ad ammettere l'enigma, a lasciare il quesito senza una risposta. Su questo, io vorrei una Chiesa che, non potendo pronunciarsi, preferisca tacere». Sulle nozze gay, invece, il religioso non ha lasciato il giudizio in sospeso. «Che la Chiesa faccia il matrimonio per persone dello stesso sesso - ha concluso - è una cosa senza senso. Tuttavia, se lo Stato decide di regolarizzare una realtà affettiva, lasciamo fare, applicando la misericordia come vuole il Vangelo, non come la vogliamo noi».
Al termine dell'intervento ha preso la parola l'arcivescovo Bressan, esortando la comunità cattolica trentina a non entrare nella battaglia sulla questione del «gender». «Da sei anni - ha detto il prelato - la Provincia porta avanti una campagna per la parità tra uomo e donna nelle scuola. Ciò non ha nulla a che fare con la cosiddetta teoria del "gender". Attenti a non essere coinvolti in dispute tra partiti».