Dopo aver lottato contro il tumore, 940 km a piedi per trovare la fede
Dopo aver lottato contro il tumore, 940 km a piedi: la storia di Luca
Appena un anno fa Luca Zanetti - 49 anni, guardiacaccia di Arco e volontario della Protezione civile con Bagoo, il suo cane da ricerca molecolare - aveva iniziato a combattere la sua personale battaglia contro un tumore al polmone che gli era stato appena diagnosticato. A dodici mesi di distanza, dopo interventi, mesi di ricovero, cicli di chemio e radioterapia, quest’uomo, che non ha mai perso la speranza e non ha mai smesso di sorridere, ha appena portato a termine un’altra straordinaria impresa. Ha percorso a piedi oltre 900 chilometri del Cammino di Compostela arrivando fino all’oceano. Un percorso che l’ha profondamente cambiato e durante il quale ha rimesso insieme i pezzi di una vita che anche la malattia aveva messo a dura prova.
Tra le certezze la moglie Simonetta, che ha sposato dopo dieci anni di convivenza alla vigilia di Natale dello scorso anno nel pieno della sua battaglia contro il male, i due figli e il suo fedele cane. Una partenza in solitaria alla ricerca soprattutto di quella fede alla quale, nemmeno durante la malattia, era riuscito ad aggrapparsi. Eppure durante il cammino qualcosa di straordinario è successo. Luca non solo è riuscito a concludere il percorso, ma ha trovato le risposte che cercava. «Dal primo giorno, soprattutto quando aumentava la stanchezza, ho provato una grande voglia di pregare. Pregavo per ore mentre camminavo solo. Pregavo e piangevo e a ogni preghiera sentivo come una dolcissima carezza».
Ma torniamo all’inizio. A quando a quest’uomo, dopo tre mesi di visite mediche per un forte dolore al braccio, viene alla fine fatta la diagnosi corretta: tumore di Pancoast. Un tumore che colpisce la parte apicale del polmone e che si irradia verso i nervi della spalla. «Fu un colpo terribile perché la diagnosi mi venne poi fatta casualmente al Pronto soccorso e purtroppo, anche dal punto di vista umano, fu una pessima esperienza.
Non mi diedero nessuna indicazione su cosa fare e mi sentii profondamente solo».
Così Luca Zanetti decise di rivolgersi a Bergamo, al dottor Bortolotti, che subito riuscì a trasmettergli fiducia. Prima dell’operazione era, però, necessario ridurre e circoscrivere il tumore e così Luca venne ricoverato a Bergamo per le chemio e le radioterapia. «Dopo un primo momento di scoramento ho iniziato a ragionare e ho capito che chiudendomi in me stesso o arrabbiandomi non avrei risolto nulla. Ho capito che dovevo affrontare il male con la massima energia positivo. Così ho fatto. Ho scritto su Facebook quello che mi era accaduto e ho chiesto aiuto agli amici con i quali fino a quel momento avevo condiviso solo momenti belli. La cosa incredibile è che molte persone hanno risposto e anzi, mi hanno ringraziato per le testimonianze che quasi ogni giorno davo della mia battaglia».
In tanti in questi mesi hanno seguito il «calvario» di Luca attraverso il suo profilo e i suoi post. Pensieri profondi, momenti drammatici, ma sempre raccontati con positività. Ecco che le sue foto in ospedale lo raffigurano con la flebo della chemio attaccata, ma anche mentre indossa una vistosa parrucca rossa o azzurra. Durante la visita degli amici o dei parenti, mentre ironizza sulle profonde cicatrici che gli interventi gli hanno lasciato indelibili sulla schiena.
In Facebook, alla vigilia di Natale dello scorso anno, Luca ha anche annunciato che di lì a tre ore si sarebbe sposato ad Arco. A gennaio di quest’anno è arrivata la data dell’intervento. Dieci ore in sala operatoria. L’intervento riesce ma, poche ore dopo, subentra un’infezione da stafilococco aureo.E così Luca rimane a Bergamo per due mesi ricoverato con una macchina che aspira il «pus» dalla schiena. Dopo due mesi un nuovo intervento per richiudere il buco. Luca sorride sulle foto. Luca cerca di essere positivo, ma le conseguenze ci sono. Ci sono i dolori ai nervi, al braccio. Forti, fortissimi, tanti che per alleviarli è costretto a farsi mettere un elettrostimolatore midollare che rilascia impulsi elettrici.
Quando si sente meglio, inizia a lavorare. Ma a quel punto Luca capisce che nel fisico è migliorato, ma lo spirito è vuoto, confuso e decide di andare a cercare quel Dio con il quale anche durante la malattia non era riusciva a trovare un contatto. «La cosa incredibile è che non so perché e come ho deciso di partire per il cammino di Compostela. So che sono tornato con una fede ricostruita, con la certezza che esiste un Dio che perdona e che la strada che ho scelto è quella giusta. Trovare la positività in ogni cosa. Sono partito confuso e ora ogni tessera ha trovato il suo posto. La prima tappa è stata Lourdes, ma subito sono partito per il cammino».
All’inizio 25-30 chilometri al giorno, poi Luca ha allungato le tappe conoscendo persone e condividendo storie fantastiche, ma anche cercando nel silenzio del cammino le risposte che cercava. Così fino all’oceano. Nello zaino ha portato con sé anche due chili di antidolorifici che non ha utilizzato, anche se i tanti chilometri hanno messo a dura prova i suoi piedi, i muscoli della gambe e anche la schiena. Del cammino gli è rimasta quella fede che ora ha fatto breccia nel suo cuore, la bellezza dei paesaggi, quei volti e quelle storie che si sono intrecciate alla sua e quella freccia gialla tatuata sul braccio. «La freccia gialla indicava la strada lungo il sentiero. Io ho voluto farmela tatuare sul braccio per ricordarmi e ricordare che bisogna sempre avanti dritti, qualunque cosa accada».
La prossima settimana Luca avrà l’ennesimo controllo. «Non so quale sarà il responso. Io sono fiducioso, ma anche se il tumore un giorno dovesse ripresentarsi sono pronto a combatterlo. Intanto ho sorriso, ho fatto questa bellissima esperienza, ho vissuto, ho amato».