Controlli al settore del porfido «Comuni con pochi strumenti»
Inizia con una precisazione Marco Casagranda, sindaco di Lona Lases. «L'episodio è avvenuto non in una cava, ma in un laboratorio artigianale, in un piazzale per la lavorazione del porfido, dove viene lavorato il grezzo». Sul pestaggio di un operaio cinese che chiedeva di essere pagato (aveva crediti risalenti anche all'anno prima) e sulla richiesta di rinvio a giudizio del datore macedone e di altri due complici, il sindaco evidenzia che «tutti gli episodi di violenza sono da condannare, dal caporalato al lavoro in nero», specificando che «ciò può avvenire nel settore del porfido come in quello turistico ed in agricoltura». Il comparto dell'«oro rosso» non è allo sbando, secondo Casagranda, che proviene da una famiglia di imprenditori del settore ma lavora in altro ambito: la sua difesa è un'analisi da amministratore pubblico.
«Il settore del porfido non è la pecora nera del gregge. Ci sono situazioni controllate e represse con i pochi strumenti che i Comuni, condannati alla sopravvivenza, hanno oggi. A Lona Lases c'è un solo geometra comunale. Sarebbe meglio trasferire personale della Provincia in periferia».
Con la legge provinciale 7 del 2006 che disciplina l'attività di cava nel rispetto della salvaguardia dell'ambiente e della tutela del lavoro, viene chiesto ai Comuni un impegno per il rispetto della normativa e dei disciplinari di concessione per l'attività estrattiva. Forse è sottinteso anche uno sforzo per controllare l'intero comparto, fino alla lavorazione?
«E come facciamo? Come Comuni siamo ridotti all'osso come personale. Ad ognuno il suo compito: c'è l'ispettorato del lavoro, c'è la guardia di finanza, la polizia mineraria. Abbiamo avuto controlli nel 2013, nel 2014, forse anche nel 2015. Il Comune - con la struttura che ha e con i poteri di legge che gli vengono attribuiti - non mi pare abbia anche questa incombenza».
Lei parla con le persone, capisce l'umore di chi vive e lavora nella zona: alla notizia dell'aggressione brutale di un uomo da parte del datore di lavoro non si è manifestato il timore dell'arrivo di persone senza scrupoli nell'ambito del porfido, di una diffusione della violenza? L'accusa è che nel comparto ci siano troppo pochi controlli.
«Ciò che è accaduto, dalla mia conoscenza, è un caso isolato e mi auguro sia così. Non so se ci siano persone violente e non so le ragioni che hanno motivato la violenza, ma ciò che è avvenuto è un atto da criticare. Poi un conto è l'episodio avvenuto nell'ambito della lavorazione del porfido, un altro è l'attività estrattiva, con le concessioni. Mi chiedo perché ad una concessione pubblica soggetta alla normativa europea della concorrenza come la A22 ci si aggrappi con denti e con artigli per prorogarla, mentre le concessioni private del settore estrattivo andranno tutte in scadenza, saranno messe all'asta. Hanno fatto una legge nel 2006 e tutti i Comuni si sono adoperati per porre un termine temporale e volumetrico alle concessioni, secondo date diverse, come era previsto dalla Commissione Europea. Ma lo stesso consiglio provinciale, che ha fatto la legge, quando si è trattato di A22 ha cercato di prorogare la stessa concessione sine die. Il principio della libera concorrenza dice che le concessioni prima o dopo devono andare all'asta ed entrare nel libero mercato: dunque le cave sono innovatrici rispetto alla partecipazione mista pubblico-privato dell'A22».
È critico in merito alla legge: sarebbe meglio che la situazione tornasse ante 2006?
«La legge può essere giusta ma deve essere per tutti. Il principio della libera concorrenza va rispettato. Prima o dopo il 2006 è lo stesso. So solo che ci saranno concessioni in scadenza nel 2020, 2022, 2024, 2028. Nell'arco di dieci anni i Comuni del settore estrattivo si sono preparati alla rivoluzione, per andare nel libero mercato».