Addio a Corrado Pontalti il partigiano «Prua»
Si è spento ieri sera, all’età di 93 anni, Corrado Pontalti, il partigiano «Prua», figura nota per la militanza nella Resistenza e successivamente per l’attività come dirigente sportivo nel ciclismo.
Nell’estate 1944 Corrado Pontalti, fuggito subito dopo l’8 settembre ‘43 da Genova dove faceva il marinaio di leva, era uno degli oltre tremila giovani trentini arruolati dai nazisti nel Cst, corpo di polizia istituito in questa provincia della Zona di operazioni delle Prealpi (Alpenvorland), entità amministrativa che durante l’occupazione includeva anche Bolzano e Belluno.
Nato a Povo nel 1923, all’inizio del 1944, a 21 anni, visse dunque la pagina nera del reclutamento di giovani locali cui le autorità occupanti prospettarono l’impiego come gendarmi in provincia nel Cst (Corpo di sicurezza trentino).
Nel frattempo a Bolzano si istituisce il Servizio di sicurezza e ordine (Sod), accanto ai reggimenti di polizia sudtirolesi e ai giovani autoctoni in divisa Ss, Wehrmacht o Flak (artiglieria contraerea).
Ben presto Pontalti si rese conto suo malgrado che anche le milizie trentine e sudtirolesi venivano impiegate in operazioni antipartigiane nelle province limitrofe, specie dove era forte l’attività della Resistenza, nel Bellunese e sull’altopiano di Asiago.
«Nell’aprile 1944 venni assegnato alla seconda compagnia del Cst. Già in maggio, fummo impiegati insieme a Flak e marina in due rastrellamenti contro i partigiani nella zona di Lavarone (in un’occasione i tedeschi portarono via un giovane di Asiago). Poi, il nostro comando fu trasferito a Borgo Valsugana e il mio plotone fu inviato a Moena. Qui fra l’altro mi avvicinò con cautela un ragazzo parlandomi dell’attività partigiana, lui veniva dall’Agordino, dove erano attive brigate garibaldine.
In agosto, fummo spostati a Castello Tesino, dove ci informarono dell’attività del battaglione “Gherlenda”, che era sorto poco tempo prima appoggiandosi ai partigiani della brigata Gramsci, presente nelle vicine Vette Feltrine. Un gruppo di combattenti bellunesi, sotto la guida di Isidoro Giacomin “Fumo” da Fonzaso, si era unito a qualche decina di giovani trentini per estendere l’insediamento a ovest, verso il Tesino».
Proprio in Tesino, nell’estate 1944, fu inviato Pontalti con una cinquantina di commilitoni del Cst: la caserma si trovava a Castello.
«A convincermi definitivamente fu un episodio. Un giorno d’agosto un gruppetto di soldati tedeschi sparò senza motivo a un signore che camminava con la falce in spalla accanto a un bambino, sul prato di fronte. La sua colpa era non aver sentito che gli avevano detto di fermarsi: lo uccisero così. Quel giorno mi dissi che non potevo più stare con quella gente».
Da qui i contatti con il neonato nucleo partigiano del «Gherlenda» e l’operazione che, mediante un finto sequestro, avrebbe consentito a Prua di disertare e passare tra le fila della Resistenza.
Pochi giorni dopo fu assaltata la caserma del Cst a Castello Tesino.
«Fu un’azione straordinaria, senza spargimento di sangue; furono recuperate armi e cinquanta miliziani del Cst, vennero presi, caricati su un pullman e portati al passo del Brocon.
Qui fu offerto loro di entrare nella Resistenza ma nessuno accettò. Si decise allora di lasciarli andare, intimando loro di non ripresentarsi in caserma, cosa che invece fecero tutti regolarmente.
L’unico trattenuto e portato a Costabrunella fu il comandante tedesco; i miei compagni mi chiesero che tipo fosse, risposi che sembrava un buon padre di famiglia e lo lasciarono andare.
Ma così all’indomani ci trovammo addosso un grande rastrellamento cui partecipò anche il Cst»
In quella circostanza, nello scontro a fuoco rimase ucciso il comandante Fumo: si trattò del primo di una serie di duri colpi al «Gherlenda», battaglione che vide cadere anche due ragazze, Clorinda Menguzzato «Veglia» (arrestata, seviziata e fucilata nell’ottobre 1944) e Ancilla Marighetto «Ora», presa appena diciottenne in un rastrellamento nel febbraio 1945, vicino al passo Brocon, e uccisa con un colpo alla testa dopo un interrogatorio sommario.
Il «Gherlenda» si era già sciolto da tre mesi, Prua trovò un nascondiglio ma sfortunatamente fu arrestato e accusato di diserzione, finì davanti alla corte marziale nazista a Trento dove rischiava la pena di morte. Si salvò solo perché il processo si dilungava per l’assenza del testimone chiave, quell’ufficiale che io partigiani lasciarono andare a Costabrunella e che scatenò il rastrellamento dell’agosto ‘44. Arrivò la Liberazione senza che fosse stato possibile portare a Trento il teste che avrebbe condannato Prua.
«Passai poi alla polizia partigiana a Trento, inizialmente sotto il comando di “Radiosa Aurora” (Mario Bernardo, che lascerà presto l’incarico per le ostilità incontrate nel perseguire i collaborazionisti, ndr) e quindi al rientro alla vita civile fui deluso dall’assenza di un riconoscimento locale al contributo dato da noi partigiani».
Nel dopoguerra Pontalti lavorò nella segreteria della presidenza regionale e diventò una figura molto nota anche per i ruoli ricoperti nell’ambito sportivo, come dirigente del ciclismo. Nel 1948 fu tra i fondatori dell’Us Aurora Trento e nel 1954, con amici di Bassano, del trofeo Alcide Degasperi. Tra i vari incarichi rivestiti, quello di vicepresidente del Coni provinciale e di membro della giunta nazionale della Federazione ciclistica italiana.