Traffico di droga da 3 milioni, chiesto il giudizio
Il «pane d’orzo» era l’hashish, ma c’erano anche «le olive nere», «il passaporto», «i pantaloni», «la ricarica», «i giochini» per indicare il tipo di droga in arrivo
Il «pane d’orzo» era l’hashish, ma c’erano anche «le olive nere», «il passaporto», «i pantaloni», «la ricarica», «i giochini» per indicare il tipo di droga in arrivo, pronta da piazzare a Trento e a Rovereto. L’eroina veniva chiamata «brown apple», da cui deriva il nome dell’operazione.
È quanto emerge dalle intercettazioni telefoniche dell’organizzazione dedita al traffico illecito di sostanze stupefacenti e allo spaccio, sgominata dal Goa, il gruppo operativo antidroga, della Finanza di Trento. Per 24 dei 27 soggetti (10 hanno anche l’aggravante del reato transnazionale) raggiunti da misure cautelare, la procura chiede ora il rinvio a giudizio.
L’indagine era partita nell’estate del 2014 dall’identificazione di piccoli spacciatori locali, nelle zone «calde» di Trento (piazza Dante, la Portela, parco del Fersina e parco di Melta) e di Rovereto (giardini Perlasca e Borgo Santa Maria). I finanzieri, partendo dalla vendita di droga «al minuto» sono risaliti ai canali di approvvigionamento: Marocco per l’hashish, Spagna per l’eroina, Sudamerica per la cocaina.
Per raggiungere il Trentino i corrieri viaggiavano in treno o in autobus, a volte assieme a moglie e figli, oppure in compagnia di una donna incinta, per non dare nell’occhio. Altre volte si spostavano in moto, addirittura con la droga nascosta in corpo. Un traffico da tre milioni di euro all’anno, che ha visto coinvolti principalmente uomini di nazionalità marocchina e tunisina, alcune donne, e tre italiani. La quantità di droga da importare era misurata in «berle», «bidoni», «saponette», e anche «borse in plastica» e «numero di scarpe». Il «terreno buono» nella conversazione telefonica significava che la droga era di qualità.