Skipass in regalo per anni Licenziato il dipendente Sait
Per una decina d'anni ricevette in omaggio uno skipass stagionale del Dolomiti Superski, uno dei comprensori sciistici più grandi del mondo con i suoi 1.220 chilometri di piste. Ma l'ormai ex dipendente dell'ufficio acquisiti del Sait è finito, per così dire, fuori pista: insieme allo skipass gratuito ha dovuto dire addio anche al posto di lavoro.
Il procedimento disciplinare avviato dal consorzio si è concluso infatti con il licenziamento per giustificato motivo soggettivo: un provvedimento che è stato confermato dal Tribunale (prima in fase di giudizio sommario davanti al giudice Giorgio Flaim e poi anche di merito con il giudice Michele Maria Benini) e nei giorni scorsi anche da parte della Corte d'appello presieduta dal giudice Fabio Maione.
Il contenzioso di lavoro merita di essere raccontato, sia pur in forma anonima, per ricordare che la violazione dei codici comportamentali delle aziende, può condurre a sanzioni anche pesanti come il licenziamento. Daltronde accettare regali di valore considerevole - oltre 500 euro all'anno da parte di chi guadagnava 3.000 euro netti al mese - è un comportamento che può far venir meno il rapporto fiduciario che lega un dipendente alla sua azienda.
In questo caso il dipendente, che gestiva un portafoglio fornitori di 130/140 aziende per un fatturato annuo di 60/70 milioni di euro, lavorava per Sait dal 2002 con uno stato di servizio che si poteva definire impeccabile. Questo fino al dicembre del 2015 quando il consorzio gli inviò una lettera in cui contestava la violazione dei protocolli che disciplinano la politica aziendale su un terreno delicato come quello degli omaggi, doni e liberalità varie ricevute da ditte fornitrici.
I dipendenti del Sait possono accettare solo se si tratta di beni di valore inferiore ai 50 euro. All'uomo si contestava di aver richiesto ed ottenuto sin dal 2003 da un'azienda altoatesina che opera nel settore dei prodotti freschi (latte, yogurt, formaggi) uno skipass stagionale del Superski Dolomiti. Nel novembre 2014 il dipendente avrebbe restituito al fornitore lo skipass usato nella stagione trascorsa insistendo per avere il benefit anche per la nuova stagione invernale per sé e una tessera con 12 giornalieri anche per un altro dipendente del Sait.
La consegna delle tessere avrebbe dovuto avvenire il 12 dicembre 2014 presso un distributore, ma al momento della consegna il dipendente che doveva ricevere i giornalieri si tirò indietro e così poi face anche il collega che da anni sciava gratis. Il caso però non si chiuse con la sofferta rinuncia a quel dono di valore. Qualche giorno dopo ci fu un incontro tra il direttore generale di Sait e il suo omologo della ditta fornitrice il quale espresse le sue preplessità nei confronti del dipendente dell'Ufficio acquisti Sait che aveva preso l'abitudine di sollecitare ogni anno il rinnovo, in omaggio, della tessera del Superski Dolomiti.
«Il vietato benefit da lei ricevuto ormai da alcuni anni - scrisse nella lettera di contestazione il Sait - è idoneo a configurare "captatio benevolentiae" ad opera della ditta fornitrice in totale contrasto con la policy aziendale: il ruolo che lei riveste richiede una particolare cautela nelle relazioni con i fornitori che devono essere ispirate a principi di oggettività, trasparenza e correttezza».
Seguì il licenziamento del dipendente, mentre il collega (suo sottoposto) che per primo rinunciò ai giornalieri se la cavò con dieci giorni di sospensione. Il funzionario, attraverso l'avvocato Marcello Ongari (e poi in appello Eleonora Stenico), fece ricorso al giudice del lavoro chiedendo non solo l'annullamento del licenziamento, ma anche il risarcimento dei danni all'immagine, del danno morale e del danno professionale.
Il contenzioso, già passato di fatto attraverso tre giudizi, si è risolto sempre in favore del Sait, difeso dall'avvocato Filippo Valcanover. «Una condotta come quella addebitata a (omissis) - si legge nella sentenza di primo grado - configura una manifesta violazione sia dell'obbligo di diligenza, sia dell'obbligo di fedeltà». Secondo il giudice Benini «appare indubbia la rilevante gravità sotto l'aspetto disciplinare di una condotta posta in essere da un dipendente in posizione apicale, con una anzianità di servizio pluridecennale, nei cui confronti è stata addebitata una condotta connotata da profili di notevole gravità».