Richiedenti asilo, molti ricorsi per le protezioni negate
L'onda lunga dei rifugiati - in fuga da guerre, persecuzioni o "solo" dalla fame - è arrivata fino in Tribunale.
Sono in crescita esponenziale le cause civili avviate da chi ha ricevuto un diniego alla richiesta di protezione internazionale: nel 2017 solo a Trento saranno oltre 600 i ricorsi presentati da chi spera di ottenere per via giudiziaria un permesso di soggiorno, anche solo temporaneo. Dopo un'istruttoria che dura oltre un anno, la Commissione territoriale di Verona (competente per i migranti accolti in Trentino) boccia circa il 60% delle domande. Significa che la maggioranza non ottiene nessuno dei tre gradi di protezione previsti: status di rifugiato, sussidiaria o umanitaria. Davanti al diniego, il migrante ha tre strade: tornare a casa (impensabile per chi non ha soldi e ha rischiato la vita per scappare ); può rimanere in Italia in clandestinità (ma senza soldi e senza documenti rischia di cadere tra le braccia della criminalità); oppure può fare ricorso alla giustizia civile (rimanendo nella legalità e con l'ombrello dei programmi di accoglienza). Di fatto tutti i richiedenti protezione fanno ricorso. Ottengono così un permesso di soggiorno fino a conclusione del giudizio che permette loro di lavorare, ma beneficiano anche dell'accoglienza, della diaria (2,5 euro) e di tutti i programmi tesi a favorire l'inserimento.
I dati del Tribunale di Trento parlano chiaro. Nel 2015 risultavano iscritti appena 13 ricorsi ex articolo 19 del decreto 150/11 (allora la competenza era di Venezia). Nel 2016 i ricorsi erano già schizzati a quota 491. Quest'anno (dati aggiornati al 10 di maggio) abbiamo già 292 ricorsi (di questo passo entro fine anno si supererà quota 600). I pendenti iscritti nell'anno sono invece 0 nel 2015, 393 nel 2016 e 291 nel 2017.
Per affrontare questa montagna di fascicoli lavorano due giudici onorari in affiancamento a due magistrati. I procedimenti definiti erano 0 nel 2015, sono stati 72 nel 2016 e sono 40 nei primi mesi del 2017. Il dato interessante è che la maggior parte dei ricorsi viene accolta: i 112 procedimenti sin qui definiti si sono conclusi con 67 accoglimenti (spesso parziali, con rilascio di permesso solo per motivi umanitari), 43 rigetti, 2 estinzioni. È un contenzioso in costante crescita e che prosegue su tre (in futuro due) gradi di giudizio.
L'aspetto che potrebbe apparire paradossale è che i ricorrenti, essendo privi di mezzi, godono del gratuito patrocinio. In pratica lo Stato paga loro l'avvocato per fare causa allo Stato stesso. «In realtà - ribatte l'avvocato Gennaro Romano che appartiene al pool di legali specializzati in questa materia - a fronte dell'oggettiva impossibilità di rimpatriare queste persone è positivo che lo Stato cerchi di governare il fenomeno. È importante mantenere tutte queste persone nel circuito della legalità dove spesso trovano accoglienza, lavoro e integrazione».