Donald Trump cancella l'accordo con Cuba
«Oggi cancello l'accordo unilaterale siglato da Barack Obama con Cuba». Donald Trump parla a Miami, in un teatro di Little Havana simbolo degli esiliati in fuga dai Castro. I suoi toni sono durissimi contro quello che definisce «un regime brutale», annunciando nuove restrizioni su viaggi e flussi di denaro, e allontanando l'ipotesi di una fine imminente dell'embargo.
Non si fa attendetre la risposta dell'Avana: «Quello di Donald Trump a Miami - sottolinea una lunga "Dichiarazione del governo rivoluzionario" di Cuba - è stato un discorso carico di retorica ostile». Si sottolinea però '«la volontà di proseguire un dialogo rispettoso» con gli Usa nei temi di mutuo interesse. '«Ancora una volta il governo Usa ricorre a metodi coercitivi del passato» si afferma nella dichiarazione del governo di Raul Castro, precisando che Trump «torna alla retorica della Guerra Fredda».
Il testo respinge quindi eventuali «concessioni relative alla propria sovranità o indipendenza», così come «condizionamenti» posti da Washington e «ogni strategia che punti a cambiare il sistema politico, economico e sociale di Cuba». Solo «il popolo cubano deciderà in modo sovrano» eventuali «cambiamenti necessari» nel Paese, recita il testo letto nel telegiornale della notte della tv statale. «Negli ultimi due anni è stato dimostrato che i due Paesi possono cooperare e convivere in modo civile».
Il presidente americano di fatto non chiude la porta aperta dal suo predecessore, confermando che le relazioni diplomatiche rimesse in moto dopo oltre 50 anni restano. Come resterà l'ambasciata Usa a L'Avana, uno dei segni finora più tangibili del disgelo avviato da Obama e da Raul Castro. Dietro il pesante affondo contro il governo cubano si nasconde dunque tutta la difficoltà di Trump nel rovesciare davvero la strategia di chi lo ha preceduto. Anche perché troppi sono gli interessi finanziari ed economici dietro al riavvicinamento tra Cuba e Stati Uniti. «Il nostro obiettivo è una Cuba libera, per questo chiediamo al più presto elezioni libere» tuona il presidente americano, che vuole marcare con forza una differenza di approccio rispetto ad Obama. Un Obama che per Trump ha ignorato «gli abusi sul fronte dei diritti umani» che il regime dei Castro ha compiuto nei confronti del proprio popolo.
«Noi non staremo in silenzio» ha assicurato il presidente americano, lanciando un appello per la liberazione dei prigionieri politici e un monito per fermare una volta per tutte l'incarcerazione di persone innocenti. Seguendo uno schema già visto in altre situazioni, Trump invoca dunque la rinegoziazione di un nuovo accordo «più giusto e più equo».
Intanto firma un decreto in cui sono indicati gli obiettivi della nuova strategia verso Cuba, che per l'amministrazione Usa sono imprescindibili: «Rafforzare il rispetto delle leggi americane, soprattutto quelle che regolano l'embargo e il divieto sul turismo, ritenere il regime cubano responsabile per l'oppressione e gli abusi dei diritti umani ignorati da Obama, gettare le basi per dare più potere ai cubani sviluppando una maggiore libertà economica e politica».
Intanto con una mossa a sorpresa Trump fa retromarcia su una delle sue principali promesse elettorali, decidendo che continuerà a proteggere i cosiddetti "dreamers", gli immigrati senza documenti arrivati negli Stati Uniti quando erano bambini. Il Dipartimento di giustizia americano ha infatti annunciato che resterà in vigore il programma varato dall'amministrazione Obama nel 2012, teso a evitare il rimpatrio forzato di queste persone e a fornire loro un permesso di lavoro.