In malattia gareggia in bici Licenziato dalle Ferrovie
L’irresistibile passione per la bicicletta è costata cara ad un dipendente dellla Rete Ferroviaria Italia (Rfi) licenziato dopo 38 anni di servizio senza mai richiami.
Questo fino al 13 giugno del 2014 quando la società contestò al lavoratore di aver partecipato, nel 2011, a due gare ciclistiche di gran fondo - la «Liotto-Città di Valdagno», di 123 km; inoltre la «Fi:ZI:k», sugli 83 km (ma con 1.765 metri di dislivello) - in un periodo in cui era a casa in infortunio. Il dipendente aveva replicato di non aver pertecipato, era il 10 aprile 2011, alla «Liotto-Città di Valdagno» proprio a causa dello schiacciamento di una falange del piede accaduto sul lavoro tre giorni prima. Perché mai allora la classifica della gran fondo, pubblicata anche su internet, riportava il piazzamento dell’operaio-ciclista, giunto al traguardo al 397° posto dopo 5 ore, 5 primi e 37 secondi? La difesa, sostenuta dall’avvocato Stefano Pietro Galli, replica che si trattò di un equivoco. Il lavoratore avrebbe consegnato ad un compagno - come pare sia prassi in queste competizioni in caso di malattia per non perdere punteggio - il proprio microchip che dunque registrò l’arrivo. Ma il dipendente sostiene che quel giorno mai avrebbe potuto infilare la scarpetta e pedalare per ore visto che aveva un piede gonfio e dolorante (solo settimane dopo venne diagnosticata una frattura). La spiegazione del lavoratore non ha convinto Rfi che ha deciso il licenziamento.
Le contestazioni disciplinari arrivarono tre anni dopo i fatti perché Rfi venne a sapere delle prodezze ciclistiche dell’operaio molto dopo l’infortunio, quando la vicenda emerse nel procedimento penale aperto a carico di due responsabili della sicurezza di Rfi proprio per l’infortunio al piede. Il processo si concluse con il proscioglimento dei due imputati dopo che il loro legale, l’avvocato Giovanni Rambaldi, produsse copia delle classifiche di alcune gare.
Il licenziamento è stato impugnato dal dipendente che da tre anni e mezzo è senza stipendio e deve attendere altri due anni e mezzo per raggiungere l’età pensionabile. Sia nel giudizio di trattazione sommaria, sia nel successivo ricorso di opposizione, il licenziamento è stato giudicato legittimo. Il giudice ritenne che la partecipazione alla prima gara era provata e di fatto ammessa al processo penale anche dal dipendente. («M. - si legge in sentenza - era tenuto a non fare nulla che potesse ostacolare o ritardare la guarigione. È venuto meno a detto obbligo, svolgendo una intensa attività sportiva potenzialmente pregiudizievole».
La difesa ha fatto ricorso in appello sostenendo che, al contrario, è provato che l’operaio non partecipò alla prima gara: il pettorale prodotto in giudizio è ancora intonso, inoltre il compagno di squadra ha confermato di aver indossato il chip dell’amico. L’avvocato Galli un primo risultato l’ha ottenuto: la corte ha riaperto l’istruttoria disponendo un supplemento di ctu per valutare se l’operaio con il dito rotto e il piede gonfio avrebbe potuto correre una gara di quell’impegno.