Punto nascita di Cavalese, Trento non cede Lettera di Rossi e Zeni al Ministero della Salute
«Sorpresa e perplessità» è quanto esprimono l’assessore alla salute Luca Zeni e il governatore Ugo Rossi. Lo fanno in una lettera inviata al Ministero della Salute e al Comitato percorso nascita nazionale, dopo aver preso atto che la riapertura del punto nascita di Cavalese è condizionata alla realizzazione della seconda sala parto e della sala operatoria nel blocco travaglio-parto.
Nella missiva i vertici di Piazza Dante indicano la posizione del Ministero come «eccessivamente formalistica», poiché «nel caso dei punti nascita in deroga anche su altri territori e già funzionanti (come quello di Cles, ndr) la realizzazione degli adeguamenti strutturali è stata ammessa nell’ambito di un piano di adeguamento con tempistiche coerenti con le procedure riguardanti i lavori». Il punto nascita della Val di Non, infatti, è rimasto in funzione pur con le strutture esistenti, nonostante anche in quel caso fosse necessario un adeguamento strutturale. Che è stato programmato.
Per questo, la Provincia chiede formalmente di «rivedere l’interpretazione che non appare coerente con la deroga concessa nel giugno 2016, tenuto conto anche che la sospensione dell’attività del punto nascita di Cavalese non deve essere ritenuta una condizione per considerare la ripresa dell’attività come una “riapertura ex novo”». Rossi e Zeni si dicono dunque disponibili a un confronto con i tecnici del Comitato nazionale da svolgersi anche nell’ospedale fiemmese. L’auspicio è che il nuovo ministro sia più elastico sui parametri richiesti.
Dopo aver ricevuto il parere del Comitato lo scorso 28 febbraio la scorsa settimana la Provincia ha avuto un incontro al Ministero, dove non è stata manifestata nessuna apertura. In seguito alle necessarie verifiche, dunque, mercoledì scorso Rossi, Zeni e il direttore dell’Azienda sanitaria Paolo Bordon hanno comunicato la novità agli amministratori.
Nel corso della giunta di ieri mattina è stata approvata una determinazione che ha portato all’invio della lettera al Ministero. «Chiediamo di rivedere la decisione che non si basa su disposizioni vincolanti ma su un’interpretazione che non condividiamo» ha spiegato l’assessore Zeni al termine della seduta. L’obiettivo è quello di procedere con la riapertura del punto nascita prima della realizzazione dei lavori prescritti. Le indicazioni sono chiare: vanno chiusi i punti nascita con meno di 500 parti all’anno, con la possibilità per le Regioni e le Province autonome di chiedere delle deroghe. Che il Trentino aveva ottenuto sia per Cles sia per Cavalese. In entrambi i casi i punti nascita necessitano di un adeguamento strutturale. Ora partirà dunque l’iter per la realizzazione di una nuova sala parto e di una sala operatoria per le emergenze. Per il completamento dei lavori ci vorrà probabilmente un anno.
Per quanto riguarda invece il personale medico, attualmente insufficiente a Cavalese nonostante l’indizione di più concorsi, il Comitato ha dato il via libera a «reclutare» sanitari in libera professione a patto che il primario ne convalidi la competenza.
Le minoranze in consiglio provinciale hanno accusato la giunta di una gestione scorretta della vicenda. «Ma le opposizioni sono in perenne campagna elettorale e non guardano al merito della questione, che è tecnica» sono state le parole dell’assessore alla salute, che ha assicurato la garanzia di sicurezza per le partorienti e i loro bimbi anche nei piccoli ospedali: «Lo Stato consente delle deroghe per le situazioni di disagio orografico. A Trento verranno accentrati tutti i parti non fisiologici anche dopo la riapertura del punto nascita di Cavalese. Anche Bolzano sta lottando per il punto nascita di Silandro».