Tre anziani sacerdoti truffati da finti avvocati per 35mila euro
Vittime di una truffa diabolica, perpetrata ai loro danni da un team di finti avvocati. Gli anziani sacerdoti erano le prede più ambite e proprio a questa categoria appartengono i tre trentini ai quali sono state spillate con l’inganno alcune decine di migliaia di euro. I membri di questa associazione a delinquere - tre uomini e una donna residenti nell’hinterland milanese - sono stati scoperti dai carabinieri del Comando provinciale di Padova e finiti in manette su ordinanza del Gip del tribunale di Monza Silvia Pansini. Dal 2016 ad oggi la banda avrebbe messo a segno almeno una quindicina di colpi in tutto il Nord Italia.
Indeboliti sia dall’età che da una formazione morale che tenta di escludere la malizia e aumentare la fiducia verso il prossimo, i religiosi sono coloro che hanno pagato il conto più salato.
I truffatori avevano allestito degli studi legali virtuali e contattavano le vittime al telefono, avvisandole che erano venuti a conoscenza di un loro contenzioso pendente presso il Tribunale di Milano per controversie relative al mancato pagamento di abbonamenti ad alcune riviste di vigili del fuoco e forze dell’ordine. Di fatto promettevano che, con la loro intermediazione, il fantomatico debito maturato (sempre esorbitante e pari a non meno di 150mila euro) poteva essere estinto con una cifra molto più bassa che di solito oscillava tra i 10.000 e i 30.000 euro.
Nella rete dei finti avvocati erano finiti 13 anziani sacerdoti, tra i quali anche i tre preti ultraottantenni - oggi in pensione - di Romeno, Arco e Tione. Gli importi venivano richiesti in più tranches: il religioso della val di Non ha pagato una sola volta 3.000 euro, il collega dell’Alto Garda ha effettuato tre versamenti per un totale di 6.000 euro e infine quello giudicariese ha sborsato complessivamente 26mila euro divisi in sei tranches. Tutti hanno scoperto l’inganno dopo essersi confidati con qualche amico fidato ed hanno presentato denuncia.
I quattro finti avvocati Fabio Sacchi, Mario Giordo, Claudio Piacente e Concetta Di Franco si trovano ora in carcere. Se lasciati in libertà, secondo il giudice avrebbero potuto commettere altre truffe ai danni di persone particolarmente vulnerabili. Anche dopo essere stati perquisiti lo scorso giugno hanno infatti continuato a delinquere con lo stesso modus operandi.
Le vittime venivano scelte in maniera scientifica. Il quartetto redigeva dei veri e propri elenchi di potenziali obiettivi e procedeva in modo sistematico. Dagli accertamenti gli investigatori hanno scoperto la truffa, fatta di finti avvocati e atti falsificati inviati tramite fax ai sacerdoti, fino a risalire ai conti correnti su cui sono finiti quasi 160mila euro dalle province di Trento, Padova, Rovigo, Treviso, Gorizia, Udine e Brescia.