La «gig economy» dei «lavoretti» muove un milione di euro
Non solo rider, ragazzi spesso giovani o giovanissimi, che in sella a biciclette e motorini consegnano a casa i pasti e che, a sorpresa, in maggioranza si dicono soddisfatti del loro «lavoretto». Il pianeta della «gig economy» in Italia conta ormai tra 700mila e un milione di addetti, che vanno dai servizi di «clouding», come l’elaborazione dati, ai più tradizionali come l’offerta di babysitting o di pulizie magari a chi affitta casa su Airbnb.
La prima indagine approfondita sui nuovi lavori «on demand» che si offrono e si scambiano su apposite app e piattaforme web, è stata promossa dalla Fondazione Rodolfo Debenedetti e i primi risultati sono stati presentati al Festival dell’Economia di Trento, che al centro del dibattito di quest’anno ha messo proprio il rapporto tra lavoro, tecnologia e diritti.
Da questa prima rilevazione emerge che i rider - al centro di polemiche anche negli ultimi giorni dopo la Carta di Bologna siglata solo da alcune piccole piattaforme - rappresentano appena il 10% di questa nuova galassia di lavoratori e di questi sono appena circa 10mila quelli che lavorano per le piattaforme di food delivery. Se questi ultimi sono in media under 30, negli altri campi l’età media sale, visto che il 25% di questi lavoratori ha tra 30 e 50 anni e il 70% ha alti livelli di istruzione. Diverso anche il livello di soddisfazione che per i rider di Deliveroo, come ha indicato il country manager per l’Italia Matteo Sarzana, è «al 74%», mentre quelli di Foodora si dicono soddisfatti o neutri, come dice il ceo Gianluca Cocco, in 9 casi su 10. Il dato generale indicato nella ricerca della Fondazione vede invece un 45% che si dichiara tra soddisfatto e molto soddisfatto del suo lavoro che rimane comunque in gran parte occasionale, visto che il 50% dei gig worker lo fa per 1-4 ore a settimana e il 20% tra 5 e 9 ore.
Dall’analisi sull’Italia emerge che circa la metà di chi fa questi lavori è donna, con livelli di studio elevato. Solo per 150mila, lo 0,4% dell’intera popolazione, si tratta dell’unico lavoro. Gli immigrati rappresentano il 3%. Questi lavoratori vengono contrattualizzati nel 10% dei casi come cococo mentre il 50% con la collaborazione occasionale a ritenuta d’acconto. Più del 50% viene pagato a consegna, mentre meno del 20% è pagato a ora. Il guadagno medio si attesta sugli 839 euro per chi lo fa come lavoro principale mentre 343 euro per chi lo fa come «lavoretto» (in media circa 12 euro lordi l’ora).
Non vanno chiamati lavoretti, protestano intanto i sindacati, con Susanna Camusso che attacca i grandi player che non hanno firmato la carta di Bologna e Marco Bentivogli che sottolinea la necessità di «creare nuove tutele». Ma le tutele, ribattono Foodora e Deliveroo, questi lavoratori le hanno già e in ogni caso il tavolo su cui aprire questa discussione deve essere «nazionale» e non «Comune per Comune».