Guai per i sindaci progettisti Vietato lavorare nel comune
Tempi duri per i primi cittadini che nella vita si occupano di progettazione: anche qualora abbiano delegato la materia urbanistica ad un collega di giunta, il sindaco non può esercitare attività professionale nel suo comune. Lo ribadisce il Tar in una sentenza destinata a far discutere. Sentenza coperta di omissis perché i giudici hanno disposto la trasmissione degli atti, «per le valutazioni di competenza», alla procura della Repubblica.
Tutti i dati sono stati «oscurati» dal Tar e dunque non possiamo localizzare i fatti. Diciamo solo che si svolgono in un piccolo comune di montagna, difeso dagli avvocati Andrea Lorenzi e Marco Dalla Fior, dove il sindaco di professione fa l’ingegnere. Il Consiglio comunale aveva approvato un permesso di costruzione in deroga chiesto da un albergo per la realizzazione di un parcheggio coperto. Il direttore dei lavori rinunciava all’incarico e veniva sostituito dall’ingegner (omissis) sindaco del Comune. Questi si occupava anche di progettare un ulteriore intervento per cui era necessaria una seconda deroga urbanistica. Il permesso veniva concesso dal Consiglio comunale con l’astensione del sindaco progettista che al momento della discussione sarebbe uscito dall’aula. La società ricorrente, titolare di un altro albergo che si riteneva danneggiato, faceva ricorso al Tar con l’avvocato Flavio Maria Bonazza chiedendo l’annullamento del permesso di costruzione in deroga.
Secondo i ricorrenti, il sindaco quando in Consiglio comunale si discusse della deroga per l’intervento da lui stesso progettato non uscì subito dall’aula, come scritto sul verbale della seduta in forma sintetica che indicava l’uscita del primo cittadino tra le 21.30 e le 21.55. Dalla trascrizione integrale della seduta emergeva che il sindaco era stato presente alla fase iniziale della discussione. Era andato in studio a prendere il progetto e aveva spiegato qualche dettaglio, pur marginale. «Allora non spiego niente... - disse il sindaco prima di allontanarsi - io vado, qui nei progetti il (omissis) si è messo a fare i fru fru...». Tanto basta secondo il Tar a far emergere «con ogni evidenza la violazione del testo unico delle leggi regionali sull’ordinamento dei Comuni nella parte in cui dispone che il componente dell’organo collegiale che versi in una situazione di conflitto di interessi non solo è tenuto ad astenersi dal prendere parte alla deliberazione, ma deve anche allontanarsi dall’aula». L’atto dunque è viziato perché il sindaco-progettista avrebbe «interferito nel processo di formazione della volontà degli altri membri dell’organo collegiale».
Non basta. Il sindaco proprio non lo doveva accettare quell’incarico di progettazione. La norma, ricorda il Tar, prevede che «i componenti la giunta comunale competenti in materia urbanistica, di edilizia e di lavori pubblici devono astenersi dall’esercitare attività professionale in materia di edilizia privata e pubblica nel territorio da essi amministrato». Ciò vale anche per il sindaco che abbia cercato di aggirare l’ostacolo affidando ad altri assessori le deleghe in questa materia. Il primo cittadino comunque non può esercitare perché su di lui «grava l’onere di sovrintendere su tutte le attività del Comune».