Incendio all'Officina Pisoni «Perso il lavoro di una vita»
L'amarezza del fondatore dell’azienda di Sarche
Non è bastata una notte di vento a spazzare via l’acre odore di bruciato. Alla rotatoria che da Sarche porta a Pietramurata, all’altezza della cantina sociale di Toblino, è la puzza di fumo ad attirare l’attenzione. Passando distrattamente in auto tutto sembra a posto e il punto vendita «Pisoni macchine agricole e industriali» ha porte e cancello aperti. Ma basta addentrarsi di qualche metro nella laterale via Laghetto, a Sarche, dove la strada rimane sbarrata dai mezzi, che si percepisce tutta la potenza distruttiva del fuoco.
È stata una causa del tutto accidentale, un guasto elettrico, a provocare oltre 2 milioni di euro di danni (secondo una prima e non ufficiale stima) al capannone inaugurato una decina di anni fa con l’ampliamento della ditta «Pisoni», e alimentato da energia «buona». Sulla copertura erano infatti stati installati pannelli fotovoltaici. L’incendio ha compromesso anche l’impianto, ma non sarebbe partito - come sembrava in un primo momento - dall’alto, dallo scoppio di uno dei sei inverter che trasformano la corrente continua dei moduli fotovoltaici in corrente alternata e la immettono nella rete. L’inverter sarebbe caduto per l’azione dell’incendio, sviluppato nella parte bassa del capannone per un guasto elettrico.
Erano da poco passate le 22 di giovedì. Stava piovendo ed il cielo era squarciato dai lampi, quando si è sentito un botto forte, seguito da altri scoppi. «Sembravano bombe» hanno riferito alcuni vicini. Dal controllo della mappatura di rilevazione delle scariche atmosferiche è stato tuttavia escluso che sia stato un fulmine a causare le fiamme. Le lingue di fuoco hanno avvolto in pochi minuti l’ampia area del capannone destinata al magazzino, al ricovero ed all’esposizione dei mezzi nuovi, nella parte ovest dell’ampia struttura in cui ha sede la ditta «Pisoni». L’incendio si è propagato anche nella parte centrale, in cui c’era l’officina per le riparazioni dei mezzi, mentre si è salvato il corpo dello stabile che si affaccia alla rotatoria, dove c’è il punto vendita. Nessun danno, fortunatamente, all’attigua abitazione dove vivono il fondatore della ditta, Oreste Pisoni, e la moglie Flavia.
È stato lo stesso Pisoni a dare l’allarme. Si è accorto del forte odore di fumo che è penetrato nel giroscale di casa dall’esterno e ha chiamato i soccorsi. Nel frattempo anche la coppia di pensionati che abita proprio davanti al capannone ha telefonato ai numeri di emergenza. I primi ad arrivare sul posto sono stati i vigili del fuoco volontari di Calavino e di Lasino, una trentina di uomini con tutti i mezzi a disposizione (numero salito a cinquanta con l’arrivo dei rinforzi all’alba), mentre da Trento sono partiti i permanenti con l’autoscala. Hanno lavorato con le schiume tenendosi a distanza: non solo le fiamme alte hanno messo a rischio la tenuta strutturale del capannone, ma c’era un forte pericolo di scoppio per le bombole di acetilene che si trovavano nel magazzino. Ci sono volute più di quattro ore per domare le fiamme. Erano le 2.30 quando è stato spento l’ultimo focolaio, ma per tutta la notte i vigili del fuoco - sono intervenuti anche i volontari di Cavedine e quelli del comune di Vallelaghi - si sono dati il cambio per sorvegliare l’area. Nessuno è entrato nel capannone: divieto assoluto di ingresso per pericolo crollo nell’area posta a ovest, i periti e i carabinieri della stazione di Madruzzo sono riusciti ad avvicinarsi solo al modulo centrale.
Ad assistere impotenti alle operazioni c’erano Oreste Pisoni e il figlio Enzo. Solo alle prime luci dell’alba è stato possibile rendersi conto dei danni causati dalla violenza del fuoco: il lato ovest del capannone è collassato nella parte centrale, con il rischio di crollo dell’intera copertura e della struttura portante. All’interno sono rimasti gli scheletri dei mezzi e cumuli di materiale bruciato. Una pompa per tutta la giornata ha spruzzato acqua nella parte centrale dell’edificio, dove c’era l’officina con le bombole di acetilene, per raffreddare l’ambiente.
«Era un forno». Oreste Pisoni, il fondatore dell’omonima azienda di Sarche, dopo una notte insonne si aggirava ieri mattina tra lo scheletro bruciato del capannone e il piazzale dell’azienda, dove sono stati comunque accolti i clienti, nonostante i disagi e la mancanza di elettricità.
«Era un forno» spiega ad un conoscente, mostrandogli i danni che sembravano crescere di ora in ora, allo schiarirsi del cielo. In pochi minuti le fiamme hanno distrutto il lavoro di una vita. Ma Oreste, 83 anni, «padre» della nota azienda delle Sarche, è un uomo che sa come reagire agli imprevisti della vita. Come anni fa riuscì a superare un brutto infortunio che - come raccontano in paese - lo costrinse ad assentarsi per molto tempo dal lavoro, così ieri ha seguito con attenzione tutte le fasi delle operazioni, i sopralluoghi, si è confrontato con vigore con gli operatori del soccorso, nonostante lo shock e la comprensibile agitazione.
«Questo è tutto il lavoro di una vita. Sono 55 anni di attività. Siamo qui anche oggi per i nostri clienti» racconta. «Si crede di essere arrivati, invece non è così. Ho servito i miei clienti per una vita, adesso che pensavo di arrivare a finire di pagare i mutui è andata così» è il suo amaro sfogo. Accanto a lui ci sono i suoi figli, Michela e Enzo, che collaborano con la ditta di famiglia. Anche Enzo Pisoni , come il papà, ha seguito le operazioni. Una notte insonne, da incubo, con le fiamme ad illuminare l’oscurità. «No, non c’è nulla che possa far pensare ad un incendio doloso - conferma - Le cause sono accidentali, ma al momento non possiamo essere precisi. Il capannone è bruciato, dentro c’erano diversi mezzi, ma non sappiamo niente di più».
È presto anche solo per quantificare in via ufficiale i danni: tutte le informazioni sono contenute nei computer, rimasti inaccessibili per gran parte della giornata dato che la corrente elettrica è saltata per l’incendio. Verso mezzogiorno gli operai erano ancora al lavoro per ripristinarla. Per le coperture assicurative sono necessari dati certi, che verranno recuperati nelle prossime ore.
Da ciò che rimane nei capannoni, è possibile solo stimare il numero dei mezzi ricoverati: più di venti fra trattori nuovi in esposizione nell’area andata completamente distrutta, mezzi già venduti ed in attesa di consegna, e macchine agricole in riparazione nell’officina. Ci sono poi le attrezzature ed i mezzi della ditta «Pisoni»: fra le lamiere bruciate si possono scorgere gli scheletri di un camion, di un furgone e di un muletto. Ieri c’è stato un via vai di clienti, per l’ultimo giorno prima della pausa di Ferragosto. «Noi siamo qui. Avevamo già programmato la chiusura dell’attività per una settimana, da lunedì prossimo - evidenzia Enzo Pisoni - Ma per la riapertura si vedrà». Nel pomeriggio è arrivata l’ordinanza firmata dal sindaco di Madruzzo Michele Bortoli di divieto di accesso all’interno del magazzino-zona espositiva (la parte esterna e più danneggiata) e dell’officina (nel modulo centrale saranno necessarie verifiche statiche). L’ordinanza non riguarda il negozio e l’abitazione, che si sono salvati dall’inferno delle fiamme.