Atti non tradotti, 41enne evita l'espulsione
Lo straniero non aveva i documenti in regola per poter rimanere in Italia: dopo i controlli in questura era stato disposto nei suoi confronti l’allontanamento dal territorio, entro sette giorni. L’uomo, un 41enne nato in Algeria, era però stato fermato un mese dopo. Che ci faceva ancora in Italia? Ravvisando una grave mancanza da parte dell’uomo, il pubblico ministero ne ha chiesto la condanna. Per il giudice, tuttavia, il fatto non costituisce reato in quanto c’è un «ragionevole dubbio in ordine ad una mancata conoscenza da parte dell’imputato dell’ordine di allontanamento del questore di Trento»: l’atto non era stato tradotto in lingua araba e lo straniero non avrebbe compreso i contenuti del provvedimento.
Se la legge non ammette ignoranza, è la mancata traduzione a salvare il clandestino. Nell’interpretazione della normativa abbracciata dal giudice di pace di Borgo Valsugana Tiziana Toma, l’algerino non avrebbe compreso i contenuti del provvedimento emesso dal questore il 15 febbraio 2013 con il quale veniva intimato l’immediato allontanamento entro sette giorni dal territorio nazionale. Come è stato appurato in fase di dibattimento, allo straniero non era stato tradotto l’atto nella lingua a lui conosciuta. La normativa specifica che il decreto di espulsione ed ogni atto riguardante l’ingresso, il soggiorno e l’espulsione (ma anche le modalità per fare ricorso) vengano comunicati nella lingua conosciuta dallo straniero oppure nelle lingue cosiddette veicolari, ossia inglese, francese o spagnolo. Come la Corte Costituzionale ha stabilito, ai giudici di merito spetta verificare se l’atto abbia raggiunto o meno lo scopo.
La questura di Trento aveva attestato «l’impossibilità» di tradurre il provvedimento nella lingua parlata dallo straniero per la mancanza di un interprete qualificato. Secondo il giudice Tiziana Toma, tuttavia, «la lingua araba, che risulta la lingua ufficiale dello Stato dell’Algeria, non può definirsi come lingua rara, né il contenuto della contestazione appare di siffatta complessità da rendere di fatto inutilizzabile l’opportunità di avvalersi della scheda informativa plurilingue». Sussiste dunque il dubbio che lo straniero non abbia compreso l’ordine in parola, mentre la mancata traduzione dell’atto limita i diritti costituzionalmente garantiti della piena possibilità alla difesa, anche nel caso di uno straniero senza documenti.