Carcere di Trento: dopo la rivolta, si contano i danni
Il carcere di Trento a Spini di Gardolo ha subìto gravi danni dalla rivolta di 200 detenuti l’altra mattina, seguita alla notizia del suicidio di un trentaduenne nella sua cella. Le devastazioni, con incendi e sassaiole, sono evidenti in cinque «bracci» su otto. Ci vorranno settimane, anzi mesi e molte risorse, difficili da trovare per il Dipartimento dell’amministrazione finanziaria, per rimettere tutto a posto. Così sono cominciati i trasferimenti, un po’ perché alcune celle sono inagibili, un po’ per collocare altrove i detenuti ritenuti gli organizzatori o comunque i «duri» della protesta. Sono una cinquantina di reclusi, quasi tutti di nazionalità tunisina.
La procura della Repubblica di Trento ha aperto due inchieste. Il primo fascicolo è relativo alla morte di Sabri El Abidi. Non ci sono dubbi sul fatto che il giovane detenuto si sia tolto la vita per soffocamento. Ma in questi casi l’esame autoptico è necessario non solo per avere una conferma della dinamica, ma anche per valutare l’eventuale assunzione di sostanze stupefacenti. L’incarico di eseguire l’autopsia è stato affidato alla dottoressa Alessandra De Salvia dell’Istituto di medicina legale del policlinico di Borgo Roma (Verona); l’autopsia sarà eseguita questa mattina.
Del 32enne tunisino sappiamo poco: era a Trento da un paio di anni per scontare un cumulo di pena per reati legati allo spaccio di stupefacenti disposto dalla procura generale di Venezia. Era un detenuto «problematico», arrivato con una lunga lista di sanzioni e richiami per una condotta turbolenta anche se a Trento, dove avrebbe commesso una sola infrazione, pare si fosse calmato.
La procura ha chiesto alla polizia penitenziaria una relazione dettagliata sui fatti. Le indagini sono già iniziate da un lato per avere un quadro esatto dei danneggiamenti (che riguardano il 60% della struttura), dall’altro per capire chi tra i detenuti abbia aizzato la protesta.
Ora si ipotizza il trasferimento di un centinaio di detenuti, in parte già hanno lasciato il carcere di Trento. L’organizzazione è molto complessa e delicata, avvolta dal più stretto riserbo. Tutto questo è stato possibile grazie all’impegno della polizia peniteziaria, molti gli agenti rientrati dalle ferie per affrontare l’emergenza.
Una decina di agenti sono stati invece visitati al pronto soccorso dell’ospedale Santa Chiara per un principio di intossicazione, con problemi respiratori e giramenti di testa, mentre un agente è stato medicato ad una ferita alla fronte dopo essere stato colpito con un estintore o con un bastone (saranno ulteriori indagini a stabilire le modalità dell’aggressione).