Prof accusato di violenza sessuale Sospeso dal servizio per 7 anni, 4 processi e 6 mesi in carcere da innocente
Quello vissuto dal professor Nunzio Di Gennaro, docente di italiano e storia alle scuole superiori, è un vero incubo giudiziario. A 10 anni dai fatti, dopo aver trascorso in carcere 189 giorni da innocente, dopo quattro processi per un’accusa infamante come la violenza sessuale e un’assoluzione definitiva, il docente è stato risarcito. La Corte d’appello di Trento ha riconosciuto a Di Gennaro 50 mila euro per l’ingiusta detenzione patita (che in sentenza i giudici definiscono «durissima carcerazione preventiva»). Certo la somma non può cancellare le sofferenze patite in tutti questi anni in cui, invano, Di Gennaro si è sempre dichiarato innocente.
La vita di Nunzio Di Gennaro, all’epoca docente presso la sede di Tione dell’Istituto Martino Martini, venne travolta il 27 marzo del 2009. Una data che il docente - all’epoca 33enne, originario di Gela, ma domiciliato a Breguzzo- non dimenticherà mai. È il giorno in cui, in seguito ad una denuncia per violenza sessuale presentata ai carabinieri da un’amica tedesca, Di Gennaro venne arrestato. All’inizio pensò ad un gigantesco equivoco, ma prima di tornare in libertà trascorsero sei, durissimi mesi.
C’è voluta una lunga battaglia legale per restituire a Di Gennaro la dignità che quella pesante accusa aveva oscurato. L’amica, all’epoca ventenne, raccontò di essere stata costretta a subire un rapporto sessuale mentre era ospite di Di Gennaro a Breguzzo. Lui negò, raccontò che il rapporto era stato consenziente ma non venne creduto. Il giovane docente fu condannato in primo e secondo grado ad una pena molto pesante: 5 anni e 6 mesi di reclusione. Toccò alla Cassazione ribaltare le sorti del processo. I giudici della Suprema corte annullarono la sentenza rilevando varie contraddizioni nel racconto reso dalla vittima. Di Gennaro fu dunque processato, per la quarta volta, davanti alla Corte d’appello di Bolzano che assolse l’imputato «perché il fatto non sussiste».
Nel frattempo Di Gennaro aveva patito 189 giorni di custodia cautelare in carcere. «Fu il pubblico ministero - rilevano i giudici nell’ordinanza - al dibattimento del giorno 6 ottobre 2009, a chiedere, fatto alquanto inconsueto nella prassi giudiziaria, la revoca della misura carceraria per la significativa ragione che non possiamo far pagare all’imputato una situazione di disagio della persona offesa».
All’ultimo, definitivo processo Di Gennaro è stato assolto perché i giudici hanno riconosciuto la linearità del suo racconto, a fronte di palesi contraddizioni in cui era incorsa la presunta vittima. «Viceversa l’imputato - sottolineano i giudici della Corte d’appello di Trento - fin dalle prime battute della vicenda e appreso della querela sporta nei suoi confronti, si era messo a disposizione dei carabinieri di Tione e poi dell’autorità giudiziaria fornendo una versione dei fatti da cui mai ha deflettuto e rispetto alla quale mai è incorso in contraddizioni o incoerenze come emerge dal tenore dell’interrogatorio di garanzia. Egli dichiarava in un lungo, articolato, dettagliato interrogatorio che il rapporto sessuale era stato consenziente, era avvenuto di sera a casa sua a Breguzzo, dove la (omissis), che conosceva da due anni e con la quale aveva anche trascorso insieme le vacanze, era ospitata». I giudici sottolineano che Di Gennaro diede dimostrazione di lealtà fornendo plausibili discolpe, ma l’istanza della difesa di interrogare con incidente probatorio la presunta vittima venne «inspiegabilmente rigettata».
L’errore giudiziario ha avuto pesanti conseguenze sulla vita di Di Gennaro. Questi non solo è stato sospeso dal servizio per 7 anni dalla Provincia di Trento ma ha subito contraccolpi anche di natura psicofisica. Senza entrare in dettagli, basterà dire che una relazione clinica forense ha riconosciuto uno stato di pregiudizio per la salute del professore ingiustamente condannato. I giudici hanno riconosciuto un risarcimento superiore a quello di legge (235,82 euro per ogni giorno di ingiusta detenzione in carcere) riconoscendo 50.000 mila euro in totale, somma considerevole ma lontana dai 300.000 mila euro chiesti dalla difesa con l’avvocato Sergio Raciti del Foro di Catania, per indenizzare tanti anni di sofferenza. Di Gennaro è comunque soddisfatto anche se sottolinea come «questa sentenza non mi potrà mai ricompensare per le umiliazioni subite».