«Il cuore di mio figlio batte in un altro petto»
Il destino è stato crudele con Rosalba Zanoner, originaria di Moena e residente a Rovereto. Due anni fa, in pochi giorni, le ha portato via per una infezione fulminante il suo unico figlio, Francesco Dellantonio, di appena 43 anni. In quel disperato momento, però, questa donna, ricordando le parole che il figlio le aveva detto, ha dato il consenso per il prelievo degli organi dando così vita e speranze ad altre persone.
Signora Zanoner, a distanza di tempo rifarebbe quella scelta? Direbbe ancora sì?
Assolutamente, non mi sono mai pentita nemmeno un istante della scelta che ho fatto. Anzi, la rifarei con tutto il cuore anche perché quando penso che mio figlio ha donato quattro organi, penso anche che quattro persone vivono grazie a lui. E poi è stata una sua volontà. Lui ovviamente non sapeva che sarebbe morto così giovane, ma mi aveva già espresso il suo pensiero in merito alla donazione d’organi.
Dunque quando è stato il momento di scegliere non ha avuto dubbi.
Non ci ho pensato nemmeno un attimo. Come detto mio figlio aveva espresso già la sua volontà. Il Comune di Rovereto aveva annunciato che al momento di rifare la carta identità si sarebbe potuto dare il consenso alla donazione e lui, sentendo questo, mi aveva detto di essere favorevole.
Nel momento di grande dolore per la perdita, la donazione le ha dato un po’ di conforto?
Mi ha aiutata moltissimo. Ho ricevuto in forma anonima una lettera di chi ha ricevuto il cuore. E il cuore non è un organo come un altro, è molto particolare. Mi ha ringraziato tantissimo e mi ha detto che gli ha salvato la vita. Quelle righe hanno dato un po’ più senso alla mia sofferenza e per questo lo rifarei mille volte.
Oltre al cuore, che organi ha potuto donare suo figlio?
Mio figlio era una persona sanissima che si alimentava in modo sano e non aveva vizi. Aveva appena 43 anni quando è morto e per questo ha potuto donare, oltre al cuore, anche il fegato e due reni.
Quella di suo figlio è stato una morte improvvisa?
Purtroppo sì, l’unica cosa che mi consola è che non ha sofferto. Dopo il ricovero all’inizio sembrava che avrebbe superato il momento critico e invece poi la situazione è precipitata. In quei giorni mi ero ammalata anch’io e quindi quando anche a lui è venuta la febbre avevamo pensato che si trattasse della stessa cosa. Dopo tre giorni, però, ha avuto momenti di smarrimento e confusione e l’hanno ricoverato. La diagnosi è stata encefalite. Purtroppo non c’è stato nulla da fare. È morto il 23 gennaio del 2017.
Cosa si sente di dire a quei familiari chiamati in un momento difficile a fare una scelta come quella che ha dovuto lei?
Vorrei dire loro di donare, se ovviamente il parente era d’accordo, e di non avere dubbi perché questo aiuta ad andare avanti. Aiuta tantissimo perché sai che gli organi di tuo figlio continuano a vivere in un altro corpo. Che quegli organi fanno vivere altre persone e fanno vivere meglio anche i familiari di questi riceventi. Anche nella lettera che ho ricevuto, la persona mi ha rivelato che aveva perso le speranze, che era spacciato e che il cuore nuovo ha invece ridato un senso alla sua vita. Era molto riconoscente. Io so che questa persona non la conoscerò mai, anche se a volte vorrei. Certamente tra di noi c’è un legame indissolubile perché una parte di mio figlio vive in lui.