Resta in carcere l'automobilista che a Rovigo ha investito e ucciso il ciclista trentino Riccardo Ferrari
Resterà in carcere Davide Zambello, 31 anni, cuoco di Lendinara, l'uomo alla guida della Fiat Punto che ha investito venerdì all'alba Riccardo Ferrari, sulla strada regionale 88, a Rovigo.
Ieri si è tenuta l'udienza di convalida, dopo l'arresto di venerdì mattina. Il suo legale ha già annunciato ricorso al Riesame.
I fatti, nella loro drammaticità, sono noti. Ferrari, medico in pensione originario di Avio, era andato a Rimini a trovare la sorella, in bicicletta. Era partito all'alba, per rientrare in Trentino. Stava pedalando, quando è stato colpito da un auto, che però non si è fermata.
Poche ore dopo, l'arresto del presunto responsabile. Ieri la convalida e la richiesta di misura cautelare: la difesa ha assicurato che l'uomo non si sarebbe accorto di aver colpito una persona.
Una tragedia che si è abbattuta sui familiari di Ferrari, la sorella Luciana, le tre figlie ora in Svizzera, la compagna roveretana Silvana Senter.
Non era inusuale, per lui, fare tutti quei chilometri: da sempre sportivo, da quando era andato in pensione poteva dedicarsi alle sue escursioni in tutta tranquillità. Era stato a Rimini dalla sorella Luciana, si era fermato giù e di buon mattino era ripartito, visto che la strada verso casa era lunga.
È accaduto lungo la strada regionale 88, a Rovigo.
A soccorrere Ferrari è stata una donna, arrivata subito dopo l’impatto. Ha chiamato i soccorsi, ma non c’era già più nulla da fare.
I carabinieri si sono concentrati quindi sul responsabile: ad aiutare gli inquirenti sono state le telecamere: poco distante dal luogo dello schianto, i filmati sia di un impianto privato, sia del Comune di Lendinara, mostravano un uomo che scendeva da una Fiat Punto, per controllare i danni alla carrozzeria della propria auto. I miliari attraverso la targa sono risaliti all’identità del proprietario.
La notizia in Trentino è arrivata in fretta.
Ferrari era nato 75 anni fa ad Avio, ma aveva presto portato altrove la sua vita. Il lavoro l’aveva portato in Svizzera, a Losanna, dove aveva esercitato come medico. Lì aveva tre figlie e lì era rimasto, fino alla pensione.
Una decina di anni fa, la scelta di tornare a casa: aveva un appartamento in viale Verona a Trento e aveva una compagna, Silvana Senter, di Rovereto.
Aveva avuto modo di riallacciare i fili delle conoscenze di gioventù, soprattutto ad Avio. E grazie al tempo libero garantito dalla pensione, aveva iniziato a dedicarsi alla sua passione: la bicicletta. Declinata in due modi. Escursioni di giornata, ovviamente. Ma anche veri e propri viaggi. Lui era un cicloturista, e la bicicletta era il suo mezzo di trasporto: Cuba, l’America Latina, la Turchia, l’Asia: aveva viaggiato per mezzo mondo, sempre su due ruote.
Partiva da solo, perché le sfide non lo spaventavano. «La sua passione erano la famiglia e la bici - ricorda ora il cugino Federico Rudari - Qualche volta andava a fare assistenza agli anziani, in casa di riposo di Avio, e ci andava in bici, da Trento. Perché quando pedalava stava bene».
A chi lo conosceva, ha regalato un ricordo denso d’affetto: «Era una bella persona, che sapeva trasmettere grande energia. Anche davanti alle difficoltà era capace di non abbattersi. Era un uomo buono».